Page 44 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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«ipotesi vicaria», secondo la quale la posizione dell’equante è una variabile che deve
essere determinata dall’astronomo.
Inizia un vero tour de force di calcoli davvero astronomici, resi ancora più faticosi
da numerosi errori. Keplero ne è provato e si rivolge al lettore:
“SE PUÒ ESSERE TEDIATO DALLA LETTURA, PENSI ALL’AUTORE, CHE
FECE ALMENO SETTANTA TENTATIVI […] NON C’È DA STUPIRSI SE
QUESTO È IL QUINTO ANNO DI PROVE! ”
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Alla fine del capitolo 43, Keplero è entusiasta, ma un vero colpo di scena attende il
lettore all’inizio del capitolo successivo: l’astronomo scrive di aver constatato che la
sua idea è completamente errata. In effetti le mosse da fare per vincere la partita sono
decisamente più radicali: Keplero è partito da Marte, ma la sua rivoluzione riguarda
tutti i pianeti, in particolare anche la Terra. Nessuno prima, nemmeno lui, aveva
ipotizzato che anche la Terra si muovesse su un’orbita non circolare. Quando Keplero
comprende che anche l’osservatorio su cui viaggiano gli astronomi si muove su
un’orbita eccentrica, può correggere tutti i dati precedentemente raccolti e ripartire da
capo. Si sofferma però a tentare di risolvere un nuovo problema: se è il Sole il
responsabile del moto dei pianeti, con una forza, la vis motrice, che è inversamente
proporzionale alla distanza, perché le orbite non sono perfettamente simmetriche, cioè
circolari? Newton risolverà il problema, mentre Keplero è costretto ad ammettere una
nuova forza, la vis insita, specifica per ogni pianeta e modellata su quella forza
magnetica di cui aveva letto nel magnifico libro De Magnete che lo scienziato inglese
William Gilbert aveva pubblicato nel 1600.
Il passo successivo lo porta infine alle prime due leggi astronomiche, che
descrivono la forma delle orbite dei pianeti e la loro velocità. Anche in queste pagine
Keplero lascia traspirare la fatica, gli errori, le montagne di calcoli. Ma ne esce con la
vittoria tra le mani. Una vittoria che i suoi contemporanei faticheranno ad apprezzare,
non ancora pronti ad accettare né le orbite ellittiche, né una fisica dei cieli.
L’Astronomia nova è terminata, ma la sua pubblicazione viene ritardata dapprima
dagli eredi di Tycho, per motivi economici, e in seguito dal genero di Tycho, l’olandese
Frans Tengnagel, che ha realizzato come i dati di Tycho, consegnati a Keplero nella
speranza che egli li utilizzasse per dimostrare la potenza del sistema ticonico, ne
abbiano invece dichiarato la non validità, andando piuttosto a legittimare quello
copernicano. La questione fu risolta consentendo a Tengnagel di apporre una propria
introduzione all’opera.
Una decina di anni più tardi Keplero pubblica l’Epitome dell’astronomia
copernicana (1618-21). Si tratta di un libro scritto in forma di dialogo, dallo stile
brillante e appassionato, che raccoglie e sistematizza il precedente lavoro di Keplero.
Epitome significa riassunto, e forse per questo motivo il libro è sempre stato
sottovalutato, ma si tratta di un’opera importante, immediatamente messa all’Indice
dalla Chiesa cattolica per la sua potenza nel diffondere le idee copernicane.
Come mai avvenuto prima, Keplero nell’Epitome fa interagire tra loro fisica ed