Page 43 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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aristotelici  e  per  poter  dare  conto  dei  movimenti  reali  dei  pianeti  si  servono  di
        complessi  congegni  matematici,  quali  gli  epicicli  e  gli  equanti.  I  quali  risultano
        comunque incapaci di domare il moto di Marte.
             Vi è però un netto distinguo da sottolineare e nel prosieguo Keplero prende una netta
        posizione:  i  sistemi  non  sono  equivalenti,  perché  solo  nel  sistema  copernicano  è

        possibile attribuire al Sole, che ha una massa nettamente superiore a quella dei pianeti,
        la responsabilità, la causa, di ciò che avviene nel Sistema solare. Tycho Brahe con le
        sue  osservazioni  aveva  mostrato  che  le  comete  possono  attraversare  le  orbite  dei
        pianeti, spazzando così l’idea che esse siano gusci solidi in cui i corpi celesti sono
        come incastonati. Se pensiamo al fatto che la dinamica di Isaac Newton vedrà la luce
        solo ottanta anni dopo, ci rendiamo conto della necessità impellente di comprendere
        quale meccanismo mantenga i pianeti in moto nelle loro posizioni.

             Perfino Copernico, scrive Keplero, va corretto, dal momento che quegli considera
        come centro del mondo non il Sole vero ma il Sole medio, un punto matematico che
        coincide con il centro di quella circonferenza che si pensa essere l’orbita della Terra. Il
        nome di Sole medio viene dal fatto che, con quelle premesse, dal nostro pianeta si ha
        l’impressione che il Sole orbiti in prossimità di quel punto. Invece Keplero ribadisce la
        necessità  di  trovare  una  causa  al  movimento  dei  pianeti,  e  che  questa  causa  debba

        corrispondere a una grandezza fisica, come la massa del Sole.
             Keplero passa poi ad affrontare concetti quali gravità e forza.


            In particolare, a differenza di Copernico, Keplero immagina che il legame
            con  cui  interagiscono  il  Sole  con  la  Terra  e  la  Terra  con  la  Luna  debba

            essere lo stesso, e coincidere anche con il meccanismo per cui i corpi
            cadono verso il centro della Terra.


        Perché  questi  erano  alcuni  dei  problemi  nell’accettazione  di  Copernico  da  parte  dei
        contemporanei di Keplero: in un mondo senza forza di gravità, se la Terra è al centro

        del cosmo tutti i pianeti (e la Luna) le ruotano intorno perché il moto circolare uniforme
        è perfetto e tutti gli oggetti cadono verso il suo centro perché quel centro è il centro di
        ogni cosa, quasi il fondo di un pozzo metafisico. Ma se la Terra, come dice Copernico,
        è un pianeta che si sposta, periferico rispetto al Sole, con quale fune essa trascina dietro
        di sé la Luna? E perché mai gli oggetti dovrebbero cadere verso il suo centro?
             La gravità di Keplero è per la prima volta un legame che unisce tutti i corpi dotati di
        massa,  terrestri  o  celesti;  essa  aumenta  con  l’aumentare  della  massa,  diminuisce  con

        l’aumentare della distanza tra i corpi. Sulla Terra, oltre che della caduta dei gravi, è
        responsabile anche del fenomeno delle maree.
             L’Astronomia  nova  prosegue  e  ci  offre  il  tortuoso  percorso  che  conduce  alla
        scoperta delle leggi astronomiche. Se i suoi contemporanei non hanno avuto successo
        nell’individuare  l’orbita  di  Marte,  Keplero  immagina  che  sia  necessario  modificare
        alcuni degli strumenti da loro utilizzati. Keplero parte dall’equante, quel punto da cui il

        moto del pianeta, che ormai si sapeva non essere uniforme come invece ipotizzato dagli
        aristotelici,  sarebbe  apparso  uniforme.  Mentre  l’equante  ereditato  dalla  tradizione  si
        trovava in una posizione ben precisa, simmetrica rispetto al Sole, Keplero avanza la sua
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