Page 39 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
P. 39

altro fuoco di quella curva. In quel punto, l’immagine appare nitida o, come diciamo
        oggi, “a fuoco”.



            Questi studi matematici, nati per affrontare problemi di ottica, saranno poi
            preziosi nella formulazione delle leggi astronomiche, dove le coniche e i
            loro fuochi avranno un posto d’onore.


        La  seconda  parte  dell’Ottica  è  dedicata  alla  teoria  della  visione.  Tra  i  suoi
        contemporanei,  Keplero  si  riconosce  debitore  al  napoletano  Giovanni  Battista  Della

        Porta e, anche se non lo nomina esplicitamente, è con tutta probabilità influenzato dal
        lavoro  ancora  inedito,  ma  diffuso  negli  ambienti  gesuiti,  del  siciliano  Francesco
        Maurolico.
             Dagli scritti di questi scienziati Keplero prende le mosse per introdurre i principi
        della camera oscura, un dispositivo che possiamo immaginare come una scatola dotata
        di un piccolo foro dal quale può entrare la luce; sulla parete della scatola opposta al

        foro, si proietta un’immagine rovesciata di ciò che è posto davanti al foro. La camera
        oscura viene considerata un primo antenato della macchina fotografica, ma a Keplero
        serve  da  un  lato  come  modello  per  lo  studio  dell’ottica  fisiologica,  ovvero  dei
        meccanismi  di  visione  dell’occhio,  dall’altro  come  dispositivo  per  l’osservazione
        astronomica,  in  quanto  per  esempio  gli  permette  di  osservare  l’evoluzione  delle
        macchie solari sul disco del Sole proiettato su un foglio bianco.
             Una delle intuizioni più brillanti dell’Ottica riguarda lo studio di come si formino le

        immagini nel nostro occhio. Alcuni anatomisti avevano osservato come il nervo ottico
        sia  direttamente  collegato  alla  retina,  ma  avevano  difficoltà  ad  accettare  che  quello
        fosse il luogo dove si formano le immagini del mondo esterno, perché, applicando le
        regole dell’ottica geometrica, risulta evidente che esse vi arrivano rovesciate. Keplero
        non indietreggia davanti a questa obiezione, e sostiene che sarà poi il nostro cervello

        che avrà il compito, a cui è stato addestrato sin dalla nascita, di darci l’illusione di
        vedere un mondo diritto. L’analisi dell’occhio come strumento ottico prosegue con lo
        studio  del  meccanismo  della  messa  a  fuoco,  in  cui  Keplero  individua  il  ruolo
        preminente della pupilla. Essa svolge la funzione di un diaframma, osserva Keplero,
        così che, quando la stringiamo, allunghiamo il nostro campo di vista.
             Infine, Keplero riserva un posto particolare alla Luna, che studia con l’ausilio di
        diversi dispositivi ancora privi di lenti. Se per gli aristotelici la Luna era una perfetta
        sfera eterea, incorruttibile come tutto ciò che abitava i cieli, Keplero vuole mostrare

        che essa ha al contrario una costituzione ed una forma molto simile alla Terra.



            Egli vuole distruggere la contrapposizione tra cielo e Terra ed individuare
            un’unica scienza, un insieme di regole che costituiscono le impronte del
            Creatore e sono valide nell’intero universo.


        In  uno  schizzo  Keplero  riporta  il  frutto  delle  sue  osservazioni.  Siamo  molto  lontani
        dalla  potenza  dei  disegni  che  pochi  anni  dopo  Galilei  pubblicherà  nel  Sidereus
        Nuncius, ma spiccano in maniera evidente alcune caratteristiche sicuramente eversive
   34   35   36   37   38   39   40   41   42   43   44