Page 36 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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perché essi si trovino a precise distanze dal centro del cosmo.
Ci accorgiamo subito che dal nostro punto di vista, immersi nella meccanica
newtoniana, queste ultime domande risultano prive di significato. Eppure, nelle mani di
Keplero, esse si trasformano in armi di una potenza straordinaria. In quegli anni
l’astronomia viene concepita semplicemente come la scienza capace di scandire il
tempo. Per questo motivo, un modello cosmologico viene considerato alla stregua di
uno strumento tecnico per effettuare i calcoli, e non come una reale rappresentazione del
cosmo.
Le domande di Keplero, al contrario, esigono una scelta tra i diversi
sistemi cosmologici, ed implicano la ricerca di connessioni di causa-
effetto a cui attribuire i fenomeni.
È lo stesso Keplero a raccontarci la folgorazione decisiva, nel luglio 1595. Keplero si
trova in aula e sta spiegando ai suoi alunni il fenomeno periodico delle congiunzioni tra
Giove e Saturno, quando si accorge di aver disegnato sulla lavagna una figura
geometrica molto particolare. Si tratta di una serie di triangoli equilateri intrecciati
fittamente, che vanno a individuare due cerchi, uno inscritto ed uno circoscritto. Se si
immagina che la circonferenza interna corrisponda all’orbita di Giove e quella esterna a
quella di Saturno, allora forse il triangolo equilatero è la figura geometrica che regola
la proporzione tra le orbite dei due pianeti.
A differenza degli astronomi precedenti, Keplero non crede più che le orbite siano
veri e propri gusci sferici solidi, che permettono ai pianeti, come pietre preziose
incastonati al loro interno, di rimanere sospesi nei cieli. Ma, in un mondo ancora
sprovvisto del concetto di forza e di inerzia, cosa poteva costringere un corpo celeste in
una certa posizione? Ecco che forse la geometria, le sue figure regolari, possono
costruire un’impalcatura, non più concreta ma metafisica, che sostenga le orbite dei
pianeti in cielo e ne giustifichi numero e dimensioni.
In quegli anni le figure regolari, ovvero con tutti i lati eguali, inscritte nel cerchio
hanno risonanze filosofiche e matematiche molto importanti. Dal punto di vista
filosofico, Keplero si rifà alla metafora del suo «divino Cusano», il filosofo tedesco
Nicola di Cusa (Nikolaus Chrypffs) che nel XV secolo aveva paragonato i poligoni
regolari inscritti alla conoscenza umana che sempre più cerca di approssimare la
sapienza divina, rappresentata dal cerchio. Dal punto di vista matematico, il problema
dell’approssimazione del cerchio con una successione di poligoni inscritti è detto
quadratura del cerchio.
Keplero inizia ad approfondirne lo studio ed è entusiasta quando, dalle relazioni tra
quelle figure, riesce ad elaborare un modello che funziona in ambito musicale. Ma
l’euforia scompare quando, provando ad applicarlo in campo astronomico, scopre che
l’idea non si rivela altrettanto efficace. Le figure piane regolari sono infinite: con quale
regola è possibile selezionarne solo cinque, a determinare gli intervalli tra le orbite dei
sei pianeti?
La soluzione non tarda a venire. Keplero osserva che, poiché i pianeti si spostano in
uno spazio tridimensionale, basterà considerare i solidi regolari, al posto delle figure. I