Page 33 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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Keplero, sempre nel tentativo di dare conto dell’orbita di Marte, decide di
rinunciare all’ipotesi del moto uniforme, tanto semplice quanto arbitraria
e falsa.
È come affrontare un tunnel oscuro e sconosciuto. Se si ammette un moto regolare, è
piuttosto semplice prevedere dove si troverà un oggetto dopo un dato intervallo di
tempo. Ma se si accetta che il moto sia variabile, allora il problema diventa molto più
complicato. Anche perché Keplero non ha a disposizione né le leggi della dinamica
classica, né la matematica differenziale. Dalla sua ha solo i dati dell’astronomo danese
Tycho Brahe, un vero e proprio tesoro. Utilizzando una tecnica rubata ad Archimede,
che consiste nel dividere in sottili fettine il percorso compiuto dal pianeta, Keplero
mima i moderni concetti di limite e di integrale e arriva a scrivere quella che oggi
chiamiamo seconda legge. Come si è accennato, in realtà essa è stata la prima ad essere
scoperta, ma Keplero dimostra che è valida solo nel caso di orbite ellittiche, e quindi
arriva a considerarla una legge vera e propria solo dopo che ha scoperto che l’orbita è
proprio una ellisse, cioè dopo aver individuato l’altra legge.
La seconda legge di Keplero dice che le aree spazzate in intervalli di tempi eguali
sono eguali. Quando il pianeta è vicino al Sole, il raggio vettore è più corto e per
spazzare una determinata area percorrerà una certa distanza. Quando il pianeta è invece
più lontano, il raggio vettore è maggiore e per spazzare un’area equivalente dovrà
percorrere una distanza minore. Se nello stesso intervallo di tempo percorre una
distanza minore, significa che la sua velocità è minore. Ecco allora cosa ci dice la
legge: il pianeta non si muove con una velocità costante, ma accelera quando è più
vicino al Sole e rallenta quando ne è distante.
Possiamo mettere in relazione la seconda legge con la conservazione del momento
angolare (quel principio fondamentale della fisica per il quale quando una pattinatrice
stringe le braccia aumenta la sua velocità di rotazione). Inoltre, essa è una conseguenza
del fatto che la forza gravitazionale, responsabile delle orbite dei pianeti attorno al
Sole, è una forza di tipo centrale, diretta verso il Sole e dipendente dalla distanza da
esso.