Page 32 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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circolare, ma oltretutto esso compie in cielo una vera e propria danza, cambiando anche
        periodicamente il verso del moto così da disegnare come dei cappi, in quello che viene
        detto moto retrogrado. Keplero osa compiere una vera e propria rivoluzione: decide di
        rinunciare a una forma ideale da applicare a priori al moto del pianeta, per lasciare che
        siano  le  osservazioni,  i  calcoli  e  la  geometria  a  rivelare  quale  sia  la  curva

        effettivamente  percorsa.  Alla  ricerca  della  forma  corretta,  egli  si  avvicina  alla
        soluzione approssimandola con i più disparati tentativi, tra strani ovoidi e quelle che
        egli chiama le «vie paffute».



            Dopo interi anni passati a scrivere «se solo fosse un’ellisse…», ha infine
            l’illuminazione  decisiva:  tutte  le  misure  osservative  prese  per  Marte
            vanno  corrette,  perché  anche  noi,  dalla  Terra,  lo  osserviamo  come
            astronauti,  spostandoci  nello  spazio  non  su  un  cerchio  perfetto  ma  a
            nostra volta su un’ellisse.


        Corretti i dati, a Keplero si mostra l’ellisse di Marte, che apre la strada da lì a poco

        alle ellissi degli altri pianeti e delle lune di Giove.
             Anche la posizione del Sole viene determinata dalla prima legge di Keplero. Nel
        sistema di Copernico il Sole aveva preso il posto della Terra al centro del cosmo. Ma
        già Copernico si era accorto che le osservazioni non concordavano con precisione. Al
        centro del suo cosmo aveva perciò messo il Sole medio, ovvero un punto matematico
        attorno al quale il Sole vero sembrava oscillare. Keplero, che desidera costruire una
        fisica  dei  cieli,  riprende  a  considerare  il  Sole  vero,  scoprendo  che,  se  l’orbita  è

        un’ellisse, il Sole si trova in uno di quei due punti che definiscono matematicamente
        l’ellisse, e che proprio lui battezza “fuochi”. Il protagonista del sistema solare diviene
        quindi il Sole vero e proprio, con la sua massa. Pertanto la distanza di ciascun pianeta
        dal Sole non è un valore costante, ma varia da un minimo (e si dice che il pianeta è al
        perielio) a un massimo (e si dice che il pianeta è all’afelio).
             Sarà poi Newton a mostrare come questa legge si possa dedurre dalle leggi della

        meccanica  classica.  In  particolare,  possiamo  mettere  in  relazione  la  prima  legge  di
        Keplero con la conservazione della quantità di moto del sistema.


        II legge: Il raggio vettore che unisce un pianeta al Sole spazza aree eguali
        in tempi eguali
        La seconda legge di Keplero descrive la velocità con cui un pianeta si muove intorno al

        Sole.  Secondo  l’astronomia  aristotelica  il  moto  eterno  ed  immutabile  dei  pianeti
        avveniva  con  un  movimento  regolare  e  costante.  Anche  in  questo  caso  già  le
        osservazioni  antecedenti  a  Keplero  avevano  evidenziato  come  i  pianeti  non
        rispettassero questo principio. Per non abbandonare un sistema coerente e radicato, gli
        astronomi avevano introdotto un nuovo complicato oggetto: l’equante. Se il moto non si
        mostrava regolare rispetto al centro dell’orbita, essi avevano ipotizzato che esistesse

        almeno un punto, l’equante, rispetto al quale lo fosse, almeno relativamente alla scarsa
        approssimazione delle osservazioni dell’epoca.
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