Page 46 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
P. 46

tra i parametri dei pianeti, nell’ambito di una disciplina che prende il nome di “armonia
        della sfere”.
             Pensiamo che, prima di Copernico, la Terra era concepita immobile al centro del
        cosmo, e quindi non era possibile misurare le dimensioni delle orbite dei pianeti. Il loro
        valore  veniva  perciò  determinato  con  ipotesi  a  priori.  Gli  aristotelici  utilizzavano  il

        principio dell’horror vacui, per il quale non potevano esserci spazi vuoti tra un’orbita e
        la successiva. Le orbite erano perciò dei gusci cristallini, di spessore determinato dalla
        loro  eccentricità,  ovvero  tale  da  ospitare  gli  epicicli  necessari  a  giustificarla,
        appoggiati  uno  sull’altro.  Esisteva  però  un’alternativa,  quella  di  ipotizzare  che  le
        relazioni  tra  i  raggi  delle  orbite  dei  pianeti  coincidessero  con  quegli  stessi  rapporti
        individuati  dalle  armonie  matematiche  e  musicali.  In  ciò  consisteva  l’armonia  delle
        sfere, di cui si occuparono nel corso dei secoli sia filosofi, sia matematici ed astronomi.

             Tra i contributi più rilevanti ricordiamo quelli di Anassimandro, Pitagora, Platone,
        Aristotele,  Cicerone,  Tolomeo  e  Nicola  Oresme.  Da  Pitagora,  nel  VI  secolo  a.C.,
        all’inglese  Robert  Fludd,  nel  XVI  secolo,  si  erano  susseguiti  modelli  diversi:  chi
        immaginava  il  sistema  solare  come  uno  strumento  musicale,  le  cui  corde  avevano
        lunghezze proporzionali ai raggi orbitali; chi preferiva cercare le armonie nelle velocità
        dei pianeti o negli aspetti, particolari disposizioni relative tra i pianeti.

             Keplero aveva iniziato ad interessarsi all’armonia delle sfere ai tempi della facoltà
        di teologia, e la fiducia in un universo intriso di un’armonia, di un insieme di relazioni
        matematiche lasciate come impronte da un creatore che è geometra, architetto e musico,
        guida l’intera sua ricerca e lo sostiene nei lunghi anni di calcoli, fino alla scoperta delle
        leggi astronomiche. Pienamente immerso nella cultura del suo tempo, egli è convinto
        che  le  stesse  relazioni  siano  da  rintracciare  negli  ambiti  più  diversi.  In  particolare,
        Keplero  adotta  il  linguaggio  della  geometria  sia  in  ambito  musicale  sia  in  ambito

        astronomico, rendendo possibile un fertile dialogo tra le due discipline.
             Già negli anni di Graz, la stesura del modello presentato nel Mistero cosmografico,
        costruito  su  un  sistema  di  poliedri  regolari,  era  stata  fortemente  influenzata  dal  suo
        contemporaneo  lavoro  sulle  consonanze  musicali,  costruito  su  un  sistema  di  poligoni
        regolari.  Il  modello  del  Mistero  era  riuscito  a  rispondere  ad  alcune  domande

        fondamentali per Keplero, sul numero dei pianeti e sulla loro distanza dal Sole. Tuttavia
        disegnava un universo statico, immobile, mentre Keplero desidera dare una spiegazione
        anche  delle  diverse  velocità  possedute  dai  pianeti.  Negli  anni  dell’Astronomia  nova
        egli è venuto in possesso della mole di dati di Tycho Brahe. È anche molto cresciuto
        come scienziato, con una cassetta degli attrezzi arricchita dalle sue due prime leggi e da
        nuove conoscenze matematiche ed ottiche.
             Nel 1618, dopo ventidue anni di lavoro, riesce infine a dare ragione anche delle
        velocità dei pianeti, con quella che chiamiamo “terza legge” di Keplero. La legge, a

        differenza delle precedenti, non viene pubblicata in un classico manuale di astronomia.
        Alcuni  storici  hanno  ipotizzato  che  Keplero  stesse  scrivendo  un  testo  dedicato  alla
        teoria musicale e, avendo avuto l’intuizione della terza legge, l’avesse inserita a forza
        in un libro di musica semplicemente per brevettarla di fronte alla comunità scientifica.
        Ma questa teoria si dissolve completamente non appena ci accingiamo a immergerci nel

        lavoro di Keplero e comprendiamo che la legge è invece il frutto di un preciso disegno.
   41   42   43   44   45   46   47   48   49   50   51