Page 45 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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astronomia  in  uno  scambio  costante.  Qui  trova  spazio  la  generalizzazione  delle  sue
        leggi, dimostrate per i pianeti, anche per le lune di Giove, mentre sono del tutto assenti
        epicicli, equanti, assiomi aristotelici. Ogni affermazione è seguita dagli argomenti che
        la dimostrano, siano essi astronomici, fisici, teologici, filosofici o musicali.



            Perché anche nei suoi contributi più moderni, Keplero resta l’astronomo
            che  ha  studiato  alla  facoltà  teologica,  e  che  cerca  nei  cieli  l’armonia
            divina.



        Proprio  la  fede  che  esistano  le  impronte  di  questa  creazione  armoniosa  lo  ha  reso
        capace  di  cercare  per  anni  le  relazioni  matematiche  tra  i  fenomeni,  di  arrivare  a
        ricavare leggi astronomiche che restano valide ancora oggi pur vivendo in un contesto
        scientifico e filosofico del tutto differente, dove la scienza moderna sta appena mettendo
        le sue basi, dove lo stesso concetto di “legge” si sta formando.





        L’ARMONIA DEL MONDO


        Oggi utilizziamo il vocabolo armonia in un ampio ventaglio di contesti, per esempio
        quando  vogliamo  indicare  una  interazione  serena,  una  estetica  piacevole  perché  ben
        proporzionata,  una  azzeccata  esecuzione  musicale.  All’inizio  del  Seicento,  però,  il
        termine era ancora legato al significato più tecnico che esso aveva in origine, presso gli

        antichi  Greci,  quando  andava  ad  individuare  alcune  proporzioni  matematiche.  In
        particolare, le armonie erano algoritmi che, dati due numeri, permettevano di trovarne
        un  terzo.  Per  esempio,  l’armonia  geometrica  è  quella  che  oggi  studiamo  quando
        cerchiamo il termine medio in una proporzione di cui ci sono noti i due estremi.
             La “scienza degli armonici” risale al VI secolo a.C., e precisamente a Pitagora di

        Samo,  che  individuava  nei  numeri  e  nelle  loro  relazioni  il  principio  di  ogni  cosa  e
        attribuiva loro un valore soprannaturale. Pitagora utilizzava il monocordo, una corda
        tesa su una cassa di risonanza, con un ponticello mobile che divideva in due parti la
        corda.  Se  il  rapporto  tra  le  due  lunghezze  rispecchiava  alcune  semplici  proporzioni,
        alcune armonie, pizzicando i diversi segmenti o la corda intera si producevano coppie
        di suoni che davano una sensazione piacevole all’orecchio, detta consonanza.
             Le  armonie  matematiche  vennero  quindi  identificate  con  le  armonie  musicali,  le
        frazioni con gli intervalli musicali, e la musica divenne il mezzo con cui l’uomo aveva

        accesso  al  divino  attraverso  i  propri  sensi,  acquisendo  un  ruolo  molto  importante  a
        fianco delle altre scienze.
             Nel Medio Evo la suddivisione classica delle materie nel Trivio e nel Quadrivio
        affianca  la  musica  ad  aritmetica,  geometria  e  astronomia.  La  scienza  degli  armonici
        diviene  oggetto  di  corsi  universitari,  in  cui  confluiscono  rami  di  discipline  che  in

        seguito si sono poi specializzate e separate, dalla matematica alla fisiologia acustica,
        dalla teoria e composizione musicale all’ingegneria, dalla cosmologia all’acustica. Una
        particolare  affinità  si  crea  tra  musica  ed  astronomia:  le  stesse  armonie,  le  stesse
        relazioni matematiche che originano le consonanze musicali, vengono cercate nei cieli
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