Page 123 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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allontanò e seppellì nel centro del mondo i rifiuti delle vastissime sfere celesti” (Opere di Galileo I, p.
344). Nel 1640, John Wilkins considerava ancora che il primo argomento contro il sistema copernicano
da confutare fosse “la bassezza della nostra Terra, poiché è fatta di un amore sordido e di una materia
vile più di qualunque altra parte dell’universo; e pertanto [la Terra] dev’essere collocata nel centro, che
è il luogo peggiore di tutti, e alla distanza più grande possibile da quegli incorruttibili corpi puri, vale a
dire i cieli” (“A Discourse Concerning a New Planet. Tending to Prove, That (‘tis probable) our Earth is
one of the Planets”, in JOHN WILKINS, Mathematical and Philosophical Works, London, John
Nicholson 1708, p. 200).
123 Il perché le stelle non appaiano più grandi quando sono osservate con il telescopio era un
problema che Galileo tentò di risolvere ipotizzando che esse fossero avvolte da raggi, che sono tosati –
se così si può dire – quando attraversano il telescopio. La vera ragione, cioè il fenomeno della
diffrazione, fu identificata solo da Francesco Maria Grimaldi parecchi anni dopo (Physico-mathesis de
lumine, coloribus, et iride… Auctore P. Francisco Maria Grimaldo Societatis Iesu. Opus posthumum,
Bologna, ex typographia haeredis Victorij Benatij impensis Hieronymi Berniae 1665). Si ha diffrazione
perché la luce è lievemente piegata nell’attraversare una stretta apertura, come può esserlo la pupilla o
la lente obiettivo del telescopio. Le stelle sottendono angoli, che sono solitamente inferiori a un
millesimo di secondo d’arco, e si possono vedere soltanto come dischi di diffrazione, qualunque sia
l’ingrandimento e l’apertura alla fine del telescopio. Questi dischi sembrano tutti simili e non sono in
relazione alle dimensioni reali delle stelle.
124 Come Galileo aveva detto prima, quando un telescopio (in questo caso il migliore) ha un
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ingrandimento di 30, l’oggetto appare 30 volte più vicino, l’area diventa 30 volte più estesa e il suo
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volume 30 . Si veda la nota 55. Qui, egli si riferisce a un telescopio che fa apparire gli oggetti 100
volte più grandi, mentre le stelle solo 4 o 5 volte maggiori. Questo significa che l’ingrandimento scende
da 10 a 2 circa. I numeri sono probabilmente scelti in modo suggestivo e non devono essere presi alla
lettera.
125 Nell’Ottica di Tolomeo, che Galileo segue, quello che è preso in considerazione non è come i
raggi viaggiano, ma il triangolo con base nell’oggetto e con vertice nell’occhio. Qui, l’oggetto assunto
come reale non è solo il corpo della stella, ma anche la luce che lo avvolge.
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Kepler spiegò questo fenomeno in modo più corretto, con il restringersi della pupilla (JOHANN
KEPLER, Ad Vitellionem paralipomena quibus astronomiae traditur, in Gesammelte Werke, a cura di
MAX CASPAR, Monaco, C.H. Beck’sche Verlagsbuchhandlung 1938- , vol. 2, p. 197).
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Il telescopio, la luce del giorno o i vetri colorati si comportano come un filtro, che rimuove il
bagliore indesiderato, ma Galileo non dice come.
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È Sirio, la stella più luminosa della costellazione del Cane Maggiore.
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Questa è la prima frase di una sequenza di due pagine, con fogli non numerati, che furono
inserite tra il foglio 16 verso e il 17 recto del Sidereus Nuncius, quando il libro era già in stampa (nota
38, p. 22).
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La scala di grandezza o magnitudo risale al II secolo a.C., quando l’astronomo greco Ipparco
classificò le stelle, visibili a occhio nudo, in sei gruppi. Le stelle più luminose furono definite di prima
grandezza. Le stelle più luminose dopo quelle furono definite di seconda grandezza, e così via fino alle
stelle più deboli visibili a occhio nudo, classificate come di sesta grandezza. L’occhio umano è fatto in
modo tale che un cambiamento di una grandezza corrisponde a un fattore di 2,5 nella scala della
luminosità, vale a dire che una stella di prima grandezza è circa 2,5 volte più luminosa di una stella di
seconda grandezza, che è circa 2,5 volte più luminosa di una stella di terza, e così via (si veda ERIC
CHAISSON-STEVE MCMILLAN, Astronomy, III ed., Upper Saddle River, Prentice Hall 2001, p.
258). Galileo introduce una nuova sequenza di altre sei grandezze per le stelle invisibili a occhio nudo.
Una stella di settima grandezza osservata con il telescopio si vede come se fosse una stella di seconda