Page 119 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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96  Galileo spiegò in dettaglio perchè il limbo della Luna non appare come una ruota dentata o un
               profilo frastagliato nella sua lettera a Grienberger a Roma, del 1° settembre 1611 (Opere di Galileo XI,
               pp. 190-192).
                  97  Con il telescopio a 18 o 20 ingrandimenti che Galileo utilizzava non si potevano distinguere i
               profili dei monti lungo il perimetro del corpo della Luna, ma con gli strumenti moderni le irregolarità
               della circonferenza si possono osservare facilmente. Molti monti lunari hanno un’altezza inferiore ai
               6.000 metri (4 miglia italiane), ma le catene più alte sono proprio vicine al bordo. Il monte Leibnitz sul
               confine meridionale arriva a 9.000 metri.
                  98  L’etere è il quinto elemento, dopo terra, acqua, aria e fuoco, sostanza di cui sono composti i cieli e
               i corpi celesti nella cosmologia aristotelico-tolemaica. Galileo ammette la presenza di vapori attorno
               alla Luna per giustificare il fenomeno ottico presentato subito dopo. Dagli appunti che egli scrisse sulla
               supernova  del  1604  si  sa  che  Galileo  aveva  già  considerato  il  fatto  che  la  Luna  potesse  avere
               un’atmosfera come la Terra: “non esse absurdum, talem condensationem ponere in caelo, cum et circa
               lunam, veluti circa terram” (Opere di Galileo II, p. 282: “non è assurdo porre una siffatta massa di
               vapori in cielo, anche attorno alla Luna, come attorno alla Terra”). Commentando il Sidereus Nuncius,
               il professore romano di filosofia Cesare Lagalla obiettò che se si fossero alzati dei vapori lunari, essi si
               sarebbero ben presto dispersi e trasformati in particelle dell’elemento del fuoco (De phaenomenis in
               orbe Lunae, Venezia, Tommaso Baglioni (l’editore di Galileo) 1612; Opere di Galileo III, p. 382). In
               una postilla, Galileo liquidò l’obiezione in questo modo: “Sed quis tibi dixit, me [affermasse] vapores
               circa Lunam eosdem esse ac circa Terram?” (Opere di Galileo III, p. 382: “Ma chi ti ha detto che ho
               affermato che attorno alla Luna ci sono gli stessi vapori che ci sono attorno alla Terra?”), il che ci porta
               a  sospettare  che  egli  avesse  cominciato  a  cambiare  opinione.  Al  tempo  in  cui  egli  pubblicò  il  suo
               Dialogo  sopra  i  due  massimi  sistemi  del  mondo  nel  1632,  egli  aveva  escluso  la  possibilità  di
               un’atmosfera lunare.
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                      Galileo  parla  di  riflessione  senza  menzionare  la  rifrazione,  che  egli  non  comprese  mai  a
               sufficienza. Si veda l’Introduzione (pp. 18-20).
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                      La lunghezza del percorso DA interno allo strato di vapori è minore di EB, distanza percorsa dal
               raggio obliquo.
                  101
                      Il rapporto moderno è di 2 a 7,3 dato che il diametro lunare misura 3.476 km e quello terrestre
               12.737  km.  Galileo  aveva  probabilmente  ricavato  il  rapporto  di  2  a  7  dall’Astronomiae  reformatae
               progymnastata (1602) di Tycho Brahe. Si veda ALBERT VAN HELDEN, Measuring the Universe,
               Chicago, Chicago University Press 1987, p. 60.
                  102   Il  miglio italiano,  chiamato  anche  miglio  romano,  vale  approssimativamente  1,5  km  o  0,93
               miglia inglesi. In tal modo, 7.000 miglia italiane danno 10.500 km per il diametro della Terra, che è
               circa  un  18%  in  meno  del  valore  corretto  di  12.756  km  per  il  diametro  all’equatore  (F.  CAJORI,
               History of Determinations of the Heights of Mountains, «ISIS», XII (1929), pp. 482-514).
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                      Si suppone che il segmento che ha la stessa lunghezza dell’arco AC coincida con il segmento di
               tangente CD.
                  104
                      Con i suoi 8.850 metri, il monte Everest è approssimativamente sei volte più alto della stima
               fatta da Galileo per la cima più alta della Luna. Al suo tempo, le altezze delle montagne sulla Terra non
               erano ancora stabilite accuratamente e le numerose stime differivano di molto tra loro. Plinio, scrivendo
               nel primo secolo, affermava di sapere che alcune vette alpine si ergevano non meno di “50.000 passi”,
               cioè  50  miglia  romane  che,  come  si  è  visto  in  una  nota  precedente,  equivalgono  a  75  km:  “A  me
               l’ipotesi  pare  incerta,  perché  non  ignoro  che  certe  vette  alpine  si  ergono  per  un  ampio  tratto,  non
               inferiore  alle  50  miglia”  (GAIO  PLINIO  SECONDO,  Storia  naturale.  Volume  I:  cosmologia  e
               geografia, Torino, Einaudi 1982, libro II, 162, pp. 306-307).
                  105  Nell’ottobre del 1610, lo scienziato tedesco Johann Georg Brengger fece notare a Galileo che il
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