Page 114 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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1609, Galileo aveva detto al proprio cognato Benedetto Landucci che “sono circa a 2 mesi che qua fu
               sparsa fama che in Fiandra era stato presentato al Conte Mauritio un occhiale” (Opere di Galileo X, p.
               253). Questo starebbe a indicare giugno o l’inizio di luglio come l’epoca in cui sentì la notizia. Lo
               strumento era già stato visto a Padova, come Lorenzo Pignoria informò il proprio amico Paolo Gualdo
               che era a Roma a quel tempo e che ne aveva sentito parlare anche lui: “Uno degl’occhiali in canna, di
               che ella mi scrisse già, è comparso qui in mano d’un Oltramontano”, cioè un francese (lettera del 1°
               agosto, Opere di Galileo X, p. 250). In agosto, Giovanni Battista della Porta ne vide uno a Napoli e
               affermò che era proprio lo strumento già descritto nel proprio libro De refractione del 1593 (lettera a
               Federico Cesi del 28 agosto 1609, Opere di Galileo X, p. 252). Ora, Galileo non diceva di essere stato
               il primo a realizzare un telescopio, ma affermava di non averne mai visto uno e di averlo costruito da
               solo basandosi soltanto su quanto sentito dire. Alcuni anni più tardi, nel suo Il Saggiatore del 1623,
               un’opera polemica contro il gesuita Orazio Grassi, Galileo offrì il seguente resoconto: “Qual parte io
               abbia nel ritrovamento dello strumento, e s’io lo possa ragionevolmente nominar mio parto, l’ho gran
               tempo fa manifestato nel mio Avviso Sidereo, scrivendo come in Vinezia, dove allora mi ritrovavo,
               giunsero nuove che al Sig. Conte Maurizio era stato presentato da un Olandese un occhiale, col quale le
               cose lontane si vedevano così perfettamente come se fussero state molto vicine; nè più fu aggiunto. Su
               questa relazione io tornai a Padova, dove allora stanziavo, e mi posi a pensar sopra tal problema, e la
               prima notte dopo il mio ritorno lo ritrovai, e il giorno seguente fabbricai lo strumento, e ne diedi conto a
               Vinezia  a  i  medesimi  amici  co’  quali  il  giorno  precedente  ero  stato  a  ragionamento  sopra  questa
               materia. M’applicai poi subito a fabbricarne un altro più perfetto, il quale sei giorni dopo condussi a
               Vinezia” (Opere di Galileo VI, pp. 257-258).
                  63  Il testo latino riporta Belga, che si dovrebbe tradurre con Olandese, termine che Galileo utilizza
               ne Il Saggiatore (Opere di Galileo VI, p. 258). All’epoca, il termine Belga si riferiva a un abitante di
               una delle 17 Province dei Paesi Bassi, che corrispondono agli attuali Belgio, Olanda e Lussemburgo.
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                     L’occhiale avvicina gli oggetti, non crea falsi miraggi.
                  65   Jacques  Badouère  (scritto  anche  Badouer,  Badovere  o  Badoire)  era  il  figlio  di  un  protestante
               francese, un ricco gioiellere parigino che aveva sofferto durante la notte di San Bartolomeo del 1572,
               quando  gli  ugonotti  erano  stati  attaccati  dai  cattolici  e  le  loro  case  saccheggiate.  Badouère  studiò
               all’Università di Padova tra il 1598 e il 1599 e fu uno degli ospiti paganti presso la casa di Galileo per
               la  maggior  parte  del  tempo.  Prese  lezioni  private  da  Galileo  e  acquistò  un  compasso  geometrico  e
               militare da lui. Si veda l’affidavit datato 1 giugno 1607 che Galileo incluse nella sua Difesa contro alle
               calunnie & imposture di Baldessar Capra, dove Badouère compare come testimone contro il Capra,
               citato in giudizio per plagio (Opere di Galileo II, pp. 534-535). Al suo ritorno in Francia, Badouère
               divenne  segretario  di  Re  Enrico  IV  e  fu  inviato  in  missione  diplomatica  in  Germania.  Ritornò
               periodicamente in Italia e continuò a tenere una corrispondenza con i suoi amici di Padova e Venezia.
               Nel  1604  si  convertì  al  cattolicesimo  (ANTONIO  FAVARO,  Giacomo  Badouère,  in  ANTONIO
               FAVARO,  Amici  e  Corrispondenti  di  Galileo  Galilei  a  cura  di  PAOLO  GALLUZZI,  Firenze,
               Salimbeni 1983, vol. I, pp. 592-600).
                  66  Nel manoscritto del Sidereus Nuncius, Galileo aveva scritto “da cui potrei giungere alla stessa
               invenzione” (Opere di Galileo III, foglio 18).
                  67  In questo caso, il termine occhiali significa lenti. Quelle scelte da Galileo per realizzare il suo
               prototipo di cannocchiale erano piane da un lato e con superficie convessa la prima (convergente) e
               concava la seconda (divergente). La lente piano-concava è l’oculare, così detta perché è quella posta
               vicino  all’occhio  dell’osservatore;  la  piano-convessa  è  l’obiettivo.  Il  cannocchiale  di  Galileo  non
               capovolge l’immagine, come avviene invece nel cannocchiale astronomico o kepleriano, che ha due
               lenti convesse.
                  68  Se il telescopio ingrandisce la superficie più di 60 volte, ha un ingrandimento di circa 8 o 9 volte

               e dev’essere quello che Galileo presentò al doge il 24 agosto 1609: “quello che è distante, v.g., nove
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