Page 110 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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Scrisse pure, in una postilla a margine di un lavoro di Orazio Grassi, un gesuita che non era convinto
della priorità di Galileo: “E che volete far […] se a me solo è stato conceduto di scoprir tutte le novità
celesti, e a niun altro nissuna? E questa è verità da non si lasciar sopprimere da malignità o invidia”
(Opere di Galileo VI, p. 383, n. 13). Nel Dialogo sopra i due massimi sistemi, Salviati, il portavoce di
Galileo, dichiara che egli “fu il primo scopritore e osservatore delle macchie solari, si come di tutte
l’altre novità celesti” (Opere di Galileo VII, p. 372). I contemporanei di Galileo conoscevano bene
anche l’idea che era stato Dio a dare i nomi alle stelle: “Egli stabilisce il numero delle stelle; Egli dà a
tutte loro il loro nome” (salmo 147, versetto 4). Questo spiega perché i teologi erano preoccupati per le
affermazioni di Galileo. I censori romani, che lessero il manoscritto delle sue Lettere sulle macchie
solari del 1612, fecero obiezione all’affermazione che la “bontà divina” aveva guidato Galileo nel
parlare del sistema copernicano, che viene sostituita con “venti propizi” (GALILEO GALILEI, Lettere
sulle macchie solari, Opere di Galileo V, p. 238 e apparato critico alle righe 29-30).
30 La principale fonte d’informazioni per l’astrologia era il Tetrabiblos (III, 20), scritto da Claudio
Tolomeo (100ca-170), l’astronomo e matematico più importante della scuola di Alessandria. A
proposito dell’influsso di Giove, scrive: “Egli rende coloro che sono soggetti alla sua influenza
magnanimi, generosi, timorati di Dio, degni d’onore, ben disposti, cortesi, magnifici, liberali, giusti, di
alto profilo intellettuale, dignitosi, attenti al proprio interesse, compassionevoli, buoni conversatori,
caritatevoli, affettuosi e con qualità di comando”.
31 È il punto in cui l’eclittica interseca il primo meridiano celeste, che dà luogo a γ punto gamma,
primo punto di Ariete o punto vernale, il nodo ascendente dell’eclittica sull’equatore celeste che ai
tempi di Ipparco cadeva nella costellazione dell’Ariete. Cosimo II era nato, in accordo con la
registrazione della nascita negli Archivi di Firenze, “alle ore 1 di notte del 12 maggio 1590 e fu
battezzato dal Cardinale Alessandro de’ Medici, Arcivescovo di Firenze”, il futuro Papa Leone XI
(GUGLIELMO RIGHINI, L’Oroscopo Galileiano di Cosimo II de’ Medici, «Annali dell’Istituto e
Museo di Storia della Scienza di Firenze» I (1976), p. 32). Al tempo di Galileo si contavano le ore dal
tramonto. Il 12 maggio 1590, il Sole tramontò alle 20.21 ora locale. Dato che la nascita avvenne un’ora
dopo il tramonto, Righini avrebbe dovuto aggiungere un’ora, ottenendo le 21.21, ma le tavole che stava
utilizzando lo portarono a fissare il momento della nascita alle 18.52 (i tempi sono stati terminati grazie
al programma di simulazione Stellarium). Questo oscura il fatto che Galileo voleva mettere in rilievo
che Giove era in posizione centrale mentre stava sorgendo il Sagittario, due segni di grande auspicio.
Abbiamo due oroscopi per Cosimo compilati da Galileo, ma soltanto uno è completo e compare sullo
stesso foglio cui appartengono i suoi disegni della Luna, fatti tra il 7 e il 15 gennaio 1610 (EWEN
WHITAKER, Galileo’s Lunar Observations and the Dating of the Composition of the “Sidereus
Nuncius”, «Journal for the History of Astronomy» 9 (1978), pp. 155-169).
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Nel comporre l’oroscopo, è importante sapere qual è l’astro che sorge sull’angolo orientale
nell’attimo della nascita. Qui è fatto coincidere con il punto sull’eclittica che sorge all’orizzonte
orientale a indicare l’inizio della prima casa, detto anche primo punto di Ariete.
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È la casa dello zodiaco che contiene il pianeta Giove, sotto i cui auspici nasce il principe. Quindi
dev’essere una casa per un nobile, cioè una reggia. Nel caso di Cosimo II, la casa è il Sagittario.
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Ferdinando I e Cristina di Lorena (1565-1637) si sposarono nel 1589.
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Nel 1605, Galileo fu invitato a insegnare a Cosimo, allora quindicenne, l’uso del compasso
geometrico e militare che aveva da poco perfezionato. Egli accettò e trascorse buona parte dell’estate a
Firenze e a Pratolino, dove i Medici avevano una residenza estiva (Opere di Galileo X, pp. 144-146).
L’invito venne rinnovato nel 1606, ma Galileo stava negoziando il rinnovo del suo contratto come
professore all’Università di Padova e avrebbe potuto recarsi a Firenze soltanto alla fine di settembre e
per non più di tre settimane (Opere di Galileo X, pp. 160-162). Non sembra essere stato invitato nel
1607, ma nel 1608 Belisario Vinta gli scrisse che il granduca Ferdinando I aveva chiesto di farlo venire
per l’estate (lettera di Belisario Vinta a Galileo del 12 aprile 1608, Opere di Galileo X, p. 201). Fu