Page 109 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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24 Sia nel sistema tolemaico che in quello copernicano, le orbite erano circolari come spiegato da
Aristotele. Questa forma giustificava il movimento circolare come l’unico moto eterno e uniforme delle
stelle, giacché non ha una fine pur essendo di lunghezza finita e siccome ogni sua posizione è sempre
equidistante dal centro dell’universo e, proprio per questo, indifferente al moto o alla quiete. La gravità
era sinonimo di peso, ma non indicava la forza di attrazione reciproca tra masse, come vuole la
meccanica di Newton. Anche Galileo riteneva che il moto circolare uniforme fosse l’unico moto
perpetuo. Fu solo con Johann Kepler (1571-1630) che si ebbe il primo sistema solare con orbite
ellittiche, con la pubblicazione nel 1609 dell’Astronomia nova.
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I periodi di rivoluzione dei quattro satelliti di Giove, come stabiliti da Galileo nel 1612, sono
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rispettivamente: 1 giorno e 18,5 ; 3 giorni e 13,3 ; 7 giorni e 4 ; 16 giorni e 18 .
26 In questo riferimento a una rotazione attorno al Sole, Galileo ammette implicitamente di aderire al
copernicanesimo. L’obiezione più forte, posta dai sostenitori del sistema tolemaico ai copernicani,
riguardava la possibilità che la Terra potesse ruotare attorno al Sole con velocità assai elevata, senza
però perdere tutti i corpi non a diretto contatto con essa. La presenza di quattro astri in rotazione attorno
a Giove, a sua volta in rotazione attorno alla Terra o al Sole, forniva una risposta all’obiezione, poiché
Giove si trascinava ben quattro grandi corpi celesti nel proprio moto.
27 Il tempo che serve a Giove per completare una rivoluzione attorno al Sole è di 11 anni e 315
giorni.
28 Altri prìncipi divennero presto interessati ad avere i propri nomi innalzati fino ai cieli. Enrico IV
di Francia aveva sposato Maria de’ Medici, una cugina del granduca Cosimo II, e da Parigi giunse una
richiesta, con la promessa di una cospicua ricompensa, che Galileo chiamasse Enrico il successivo
corpo celeste che avesse scoperto (lettera del 20 aprile 1610, citata nella lettera di Galileo a Vincenzo
Giugni del 25 giugno, Opere di Galileo X, p. 381). L’astronomo francese Jean Tarde, nella fretta di
ingraziarsi il re di Francia, dedicò le macchie solari, alla famiglia regnante dei Borboni, pensandoli dei
satelliti. Per non essere da meno, il suo rivale, il gesuita Karl Malapert, le dedicò alla casa regnante
d’Austria. L’opera di Tarde è intitolata Sidera Borbonia e ha il seguente sottotitolo: id est Planetæ qui
solis limina circumuolitant motu proprio ac regulari, falsò hactenus ab helioscopis maculæ solis
nuncupati (Stelle Borboniche, vale a dire i pianeti che ruotano attorno al Sole con propri moti regolari,
ma che sono erroneamente chiamati macchie solari, Paris, 1620). Malapert chiamò il proprio libro
Austriaca Sidera, ma gli diede un sottotitolo più prudente: Heliocyclia astronomicis hypothesibus
illigata (Stelle Austriache, legati al Sole attorno al quale ruotano in accordo con la teoria astronomica,
Douay, Officina Baltazaris Belleri Typographi Iurati, sub Circino aureo 1633).
29 Galileo non solo dichiarò più volte che le proprie scoperte celesti erano state ispirate, ma scrisse
addirittura in una lettera a Belisario Vinta: “infinitamente rendo grazie a Dio, che si sia compiaciuto di
far me solo primo osservatore di cosa ammiranda et tenuta a tutti i secoli occulta” (lettera del 30
gennaio 1610, Opere di Galileo X, p. 280). Vinta lesse ad alta voce questa lettera al granduca Cosimo
II e alla sua consorte, l’arciduchessa Maria Maddalena d’Austria, e riferì a Galileo che erano rimasti
oltre modo stupefatti “di questa nuova prova del suo quasi sopranaturale ingegno” (Opere di Galileo X,
p. 281). Nell’accusare ricevuta della lettera, Galileo colse l’occasione di aggiungere che Dio gli aveva
garantito questo favore per dargli la possibilità di mostrare la propria devozione al granduca attribuendo
il nome di Medicei ai satelliti di Giove, “all’imitazione degl’antichi sapienti, li quali tra le stelle
riponevano gl’eroi più eccellenti di quelle età” (lettera del 13 febbraio 1610, Opere di Galileo X, p.
283). Un anno più tardi, dopo la pubblicazione del Sidereus Nuncius, Galileo ringraziò Dio ancora una
volta “si come mi ha fatto grazia di essere stato solo a scoprire tante nuove meraviglie della Sua mano”,
e per esprimere la speranza di poter riuscire a determinare i periodi esatti delle rivoluzioni dei satelliti
di Giove (lettera a Belisario Vinta del 1 aprile 1611, Opere di Galileo XI, p. 80). Che Galileo fosse
realmente convinto di essere stato davvero scelto da Dio è testimoniato dalla dichiarazione nel Sidereus
Nuncius, che aveva inventato il suo occhiale solo “dopo esser stato illuminato dalla grazia divina”.