Page 111 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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spedita a Galileo una lettera ufficiale, ma non gli piacque e domandò a Vinta di dargli conferma che la
sua presenza era veramente desiderata (lettera del 30 maggio 1610, Opere di Galileo X, pp. 211-213).
Vinta gli assicurò che quello era davvero il caso e che la granduchessa Cristina gli aveva detto di
persona: “Scrivi al Galilei che essendo egli il primo e il più pregiato matematico della Christianità, che
il granduca e Noi desideriamo che questa estate venga qua […] et che c’ingegneremo di far di maniera
che non si penta d’esser venuto” (lettera a Galileo dell’11 giugno 1610, Opere di Galileo X, pp. 214-
215). Galileo accettò di andare e fu ospite alla residenza granducale di Artimino in agosto, a corte a
Firenze in settembre (Opere di Galileo X, pp. 217-222).
36 Galileo sta alludendo ai Pianeti Medicei.
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Galileo indulge in un complimento paradossale: se nel passato i grandi uomini si sentivano
onorati di vedere che una stella era chiamata con il loro nome, ora è Cosimo che dà lustro ai pianetini e
non le stelle vaganti a dare l’immortalità al granduca.
38 Nelle dediche formali si seguiva l’uso romano di indicare i giorni del mese, contando a ritroso
dalle calende, dalle none o dalle idi. Le idi ricorrono il 15 di marzo, maggio, luglio e ottobre, e il 13 nei
restanti mesi. Il quarto giorno prima delle idi di marzo è di conseguenza il 12 marzo. La stampa del
Sidereus Nuncius iniziò alla fine di gennaio 1610, come si sa dalla lettera di Galileo a Vinta del 30
gennaio (Opere di Galileo X, p. 280). La dedica del Sidereus Nuncius è datata Padova, ma Galileo era
ancora a Venezia il 12 marzo, in impaziente attesa che l’ultima pagina del proprio libro si asciugasse
alla bottega dello stampatore. Fu solo il giorno successivo che egli fu in grado di spedirne una copia,
ancora umida e non rilegata, al granduca di Firenze (lettera a Belisario Vinta del 13 marzo 1610, Opere
di Galileo X, pp. 288-289) e dovette aspettare ancora una settimana prima di potere avere una copia
rilegata e dorata. Ne furono stampate 550, che andarono immediatamente esaurite. Galileo doveva
avere 30 copie gratuite, ma l’editore gliene diede soltanto sei, come lamenta a Vinta (lettera del 19
marzo 1610, Opere di Galileo X, p. 300).
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“X” sta per “Dieci”. Il Consiglio dei Dieci, responsabile della sicurezza interna, comprese le forze
di polizia e la censura, era eletto per un periodo di un anno dal Gran Consiglio, al quale appartenevano
tutti gli uomini della nobiltà con più di 25 anni. Questa pagina è stata scritta nell’italiano volgare
dell’epoca ed è stata riprodotta fedelmente. Gli unici interventi al testo sono lo sviluppo delle
abbreviazioni, per rendere più facile la lettura, e la traduzione dal latino di alcune frasi indicate in nota.
40 Il Consiglio Direttivo dell’Università di Padova era composto da tre Riformatori, scelti tra i
membri del Gran Consiglio di Venezia e designati per un periodo di due anni. Quando Galileo fece la
richiesta per il permesso di stampa, i Riformatori erano il futuro doge Marcantonio Memmo e i patrizi
Piero Duodo e Agostino Nani.
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Si corregge l’errore di stampa Maraniglia con Maraviglia, come suggerito dalla licenza dei
Riformatori che riporta Meraviglia (Opere di Galileo XIX, p. 227) e dalla Terminazione dei Capi del
Consiglio dei Dieci che riporta Maravegia (Opere di Galileo XIX, p. 227). Il permesso di stampa era
rilasciato dal Consiglio dei Dieci e firmato da tre dei suoi membri, ma l’esame del manoscritto era
affidato ai Riformatori dell’Università di Padova, che solitamente chiedevano a tre persone di leggere il
testo e di presentare una relazione a testa. In questo caso, forse per accelerare il compito, sono state
incaricate soltanto due persone. Il primo era l’inquisitore Giovanni Domenico Vignuzzi, un frate
domenicano che aveva il compito di assicurare che non ci fosse nulla contro la fede cattolica. Il
secondo, Giovanni Maraviglia, segretario del Senato veneziano, doveva controllare che non ci fosse
qualcosa che potesse ledere la posizione o il prestigio del governo della Repubblica di Venezia (P.E.
GRENDLER, The Roman Inquisition and the Venetian Press, Princeton, Princeton University Press
1977).
42 La relazione originale, datata 26 febbraio 1610 e inviata dai Riformatori dell’Università al
Consiglio dei Dieci, riportava il titolo Astronomica denuntiatio ad astrologos (Opere di Galileo XIX,
pp. 227-228). In latino, astrologus era spesso utilizzato nel significato più ampio di astronomus perché