Page 113 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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p. 111 del Sidereus Nuncius).
                  54   Nell’agosto  del  1609,  Galileo  aveva  uno  strumento  che  ingrandiva  9  volte  (lettera  al  doge
               Leonardo Donato del 24 agosto 1609, Opere di Galileo X, p. 250, righe 10-11). Dal gennaio del 1610,
               ne possedeva uno che ingrandiva 20 volte ed egli affermò di essere in grado di aumentarne la potenza a
               30 (lettera del 7 gennaio 1610, Opere di Galileo X, pp. 273-277). Anche se egli costruì un telescopio
               siffatto, sembra abbia utilizzato quello con un ingrandimento di 20 per le sue osservazioni, dato che
               quello di ingrandimento 30 non forniva un’immagine più chiara e aveva un campo visivo troppo stretto.
               In questo passaggio del Sidereus Nuncius, Galileo si riferisce al suo telescopio più potente, poiché, se la
               Luna a 60 raggi terrestri dalla Terra si vede come se fosse a soli 2 raggi di distanza, ciò significa che
               esso ingrandisce 30 volte.
                  55  Quando l’ingrandimento lineare è 30, un oggetto appare 30 volte più vicino, la sua superficie è di
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               30 , cioè 900 volte maggiore, e il suo volume è 30 , cioè 27.000 volte più grande. Dalla proporzione
               delle lunghezze, si può ricavare quella corrispondente per le superfici e per i volumi, come dimostrato
               da Euclide nei suoi Elementi (cap. VIII, 14, 15). Galileo fornisce l’incremento dell’ingrandimento non
               solo  della  distanza,  ma  anche  di  superficie  e  volume,  cosa  non  molto  utile,  ma  che  gli  permette  di
               descrivere un aumento di grande effetto da 30 a 900 a 27.000.
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                     Galileo è impaziente di sottolineare che il paesaggio lunare è simile a quello terrestre. In accordo
               con le conoscenze del suo tempo, i corpi sulla Terra erano composti da quattro elementi soggetti al
               deterioramento,  vale  a  dire  terra,  acqua,  aria  e  fuoco,  ed  erano  completamente  differenti  dai  corpi
               celesti che si ritenevano essere fatti di una sostanza incorruttibile. Galileo eliminò questa distinzione.
               La conseguenza fu decisiva per la scienza moderna. Se tutti i corpi sono fatti della medesima sostanza,
               allora  le  leggi  della  fisica  terrestre  potevano  essere  estese  ai  cieli,  cosa  che  era  considerata  finora
               ingiustificata.
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                     Letteralmente cerchio latteo (“Lacteo circulo”), perché indicava la fascia dai contorni irregolari di
               colore più chiaro e debolmente luminosa che solca la sfera delle stelle fisse.
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                     La traduzione letterale è mostrare con le dita o additare, lessico tipico del linguaggio quotidiano
               semplice ma veramente efficace. Sembra che Galileo volesse far veramente toccare con mano la realtà
               di quanto visto con il telescopio ai suoi lettori.
                  59  All’epoca, erano chiamate nebulose le chiazze di luce di aspetto non ben definito, che apparivano
               splendere di una debole luce soffusa. Solo nel Novecento si è capito che alcune sono formate da gas e
               polveri, le cosiddette nebulose diffuse o galattiche,  mentre  altre  sono  giganteschi  ammassi  di  stelle,
               come  ad  esempio  la  nebulosa  di  Andromeda,  l’unica  galassia  regolare  osservabile  a  occhio  nudo.
               Queste ultime oggi sono chiamate nebulose extra-galattiche o galassie.
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                     I pianeti erano chiamati stelle erranti (erraticas come qui, o vagas), per distinguerle dalle stelle
               fisse che ruotavano ogni 24 ore, ma che non mutavano le distanze reciproche.
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                     Nel sistema di Tolomeo, le orbite delle sfere di Mercurio e di Venere, dette deferenti, ruotano
               attorno alla Terra, ma i due pianeti a loro volta ruotano attorno agli epicicli, fissati ai propri deferenti in
               modo da sorgere o tramontare sempre un po’ prima o un po’ dopo il Sole. Eraclide Pontico (attivo nel
               quarto  secolo  a.C.)  aveva  costruito  un  sistema  alternativo,  in  cui  Mercurio  e  Venere  si  muovevano
               attorno al Sole e, probabilmente, Galileo aveva presente questo modello. Dalla fine di gennaio 1610,
               Galileo si era convinto che i satelliti di Giove non erano trasportati dagli “epicicli”, ma avevano “li loro
               movimenti  proprii  et  particolari”  e  si  muovevano  nello  stesso  modo  di  Venere  e  Mercurio,  “et  per
               avventura li altri pianeti conosciuti, intorno al Sole” (lettera a Vinta del 30 gennaio 1610, Opere di
               Galileo X, p. 280).
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                     Nel manoscritto del Sidereus Nuncius, che Galileo iniziò a scrivere intorno alla metà di gennaio
               1610, si legge “circa otto mesi fa” (Opere di Galileo III, foglio 18). Preso alla lettera, questo significa
               che egli aveva sentito del telescopio nel maggio del 1609, ma in una lettera precedente datata 29 agosto
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