Page 118 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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angolo di 90° con la Terra al suo vertice.
                  90   Copernico  fu  spinto  a  sviluppare  il  proprio  sistema  dopo  aver  letto  in  Plutarco  che  numerosi
               pitagorici avevano sostenuto che la Terra era in moto: “Poi anche in Plutarco trovai che altri ancora
               erano della stessa opinione, e per rendere accessibili a tutti le sue parole, pensai di trascriverle qui:
               ‘Altri pensano che la Terra sia ferma, ma Filolao il Pitagorico ritiene che si muova ruotando intorno al
               fuoco con un cerchio obliquo, alla stregua del Sole e della Luna’” (Prefazione e dedica a Paolo III, De
               Revolutionibus  Orbium  Coelestium.  Norimberga:  Johann  Petreius,  1543,  p.  iii,  in  NICCOLÒ
               COPERNICO, De revolutionibus orbium caelestium: la costituzione generale dell’universo, a cura di
               ALEXANDRE  KOYRÉ,  traduzione  di  CORRADO  VIVANTI,  Torino,  Einaudi  1975,  pp.  18-19).
               Copernico cita dal De Placitis Philosophorum (libro 3, capitolo 13), che a quei tempi si credeva essere
               stato scritto da Plutarco. Campanella, nella sua lettera a Galileo del 13 gennaio 1611, insiste su questa
               discendenza: “Ma tu, Uomo Famosissimo, riportando in vita la loro teoria, non solo ci hai restituito la
               gloria  dei  Pitagorici,  che  i  Greci  ci  hanno  rubato  slealmente,  ma  hai  annientato  la  fama  del  mondo
               intero con il tuo fulgore” (Opere di Galileo XI, p. 23). La retorica potrebbe sembrare eccessiva, ma
               bisogna notare che Galileo si diede la pena e, probabilmente, trovava piacere nel copiare la lettera di
               proprio pugno. Nella sua Apologia pro Galileo, pubblicata a Francoforte nel 1622 ma scritta nel 1616,
               Campanella dichiara che Pitagora aveva insegnato in Calabria e che le sue idee da lì si diffusero in
               Grecia (TOMMASO CAMPANELLA, Apologia pro Galileo, a cura di MICHAEL-PIERRE LERNER,
               Pisa, Edizioni della Nor ma le 2006, cap. 2, par. 6, p. 30). Anche un altro frate, Paolo Antonio Fosca ri
               ni,  che  difese  la  compatibilità  del  sistema  copernicano  con  la  Bibbia,  sottolineò  la  discendenza
               pitagorica (PAOLO ANTONIO FOSCARINI, Lettera sopra l’opinione de’ Pittagorici e del Copernico
               della mobilità della Terra e della stabilità del Sole e il nuovo Pittagorico sistema del mondo, Napoli, L.
               Scoriggio 1615).
                  91  In realtà, Galileo non afferma che sulla Luna ci siano mari e nella sua lettera a Giacomo Muti del

               28 febbraio 1616 nega chiaramente che ci possa essere acqua sulla sua superficie (Opere di Galileo XII,
               p. 240).
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                     La grande macchia qui menzionata non è quella circolare di cui si è parlato prima, ma è un’area
               irregolare  vicino  la  parte  superiore,  che  attraversa  il  confine  tra  luce  e  tenebre  nel  primo  e  ultimo
               quarto. È la zona scura a settentrione coperta dalle macchie antiche.
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                     La seconda quadratura corrisponde al terzo e ultimo quarto di Luna.
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                     La cavità o cratere è probabilmente quello che ora è chiamato Albategnius, come fu battezzato da
               Riccioli e Grimaldi nel loro Almagestum novum (1651).
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                     Galileo non viaggiò mai fuori dall’Italia e non vide mai la Boemia, ma possedeva una copia della
               Geografia  di  Tolomeo,  nell’edizione  commentata  che  Giovanni  Antonio  Magini,  un  suo  collega  e
               professore di astronomia di Bologna, aveva pubblicato a Venezia nel 1597. In questo libro, la Boemia è
               descritta così: “La regione della BOEMIA, la quale i Germani dicono Behon, habitata per l’adietro da
               Boij, inchiusa ne’ termini della Germania, dal lito dell’Oriente hà la Morauia, et una parte della Silesia,
               dal  Mezodì  l’Austria,  e  la  Bauaria,  dal  lato  dell’Occidente  il  territorio  Norico,  e  dal  Settentrione  la
               Sassonia,  e  la  Misnia.  Ma  l’ERCINA  selva,  tutta  la  cinge,  e  serra  d’ogni  parte  intorno,  à  faccia
               d’Amfiteatro,  tien  forma  ritonda,  il  cui  diametro  si  fornisce  à  compito  viaggio  di  tre  giorni.  Altri
               mostrano, ch’ella tiene di lunghezza trentasei miglia Boeme” (La seconda parte della “Geografia” di
               Cl. Tolomeo di GIO. ANTONIO MAGINI, Venezia, Gio. Battista & Giorgio Galignani Fratelli 1597,
               foglio  56  recto).  La  differenza  d’illuminazione  del  cratere  nel  primo  e  ultimo  quarto  era  una  forte
               indicazione che c’erano montagne sulla Luna e Galileo era comprensibilmente ansioso di far capire
               questo ai suoi lettori. Viene da qui, forse, la ragione delle dimensioni esagerate e la perfetta circolarità
               del cratere per far emergere le sue caratteristiche fondamentali. Questo era ancor più necessario poiché,
               se il cratere fosse stato troppo piccolo, Galileo non sarebbe stato in grado di mettere in risalto lo schema
               mutevole delle ombre.
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