Page 120 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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fenomeno che egli registrava non poteva essere stato osservato lungo il perimetro lunare, per il motivo
che Galileo stesso aveva chiaramente illustrato. Vale a dire che il perimetro lunare appare perfettamente
circolare, non dentellato nè frastagliato, perché lo spazio tra i monti è nascosto dalle altre fila di monti.
Le macchie illuminate nella regione scura si potevano osservare solo in prossimità del centro. La
mancanza di uniformità della linea di confine tra luce e tenebre rendeva impossibile la misura precisa,
ma a Brengger sembrava incontrovertibile che non potevano esserci volute più di tre ore tra il momento
in cui veniva illuminata una vetta nella parte scura e il momento in cui essa si congiungeva con la parte
illuminata. Poiché la Luna ruota attorno alla Terra descrivendo un cerchio di 360° in circa 294 giorni,
in 3 ore essa percorre circa 1°30’. Ciò significa che la distanza CD è molto più breve di quello che
aveva affermato Galileo e, pertanto, che la montagna AD doveva essere alta soltanto un terzo di miglio.
Una montagna alta 4 miglia avrebbe comportato una rotazione di 5° e un intervallo di 8 ore, molto più
di quello che Galileo aveva suggerito (le obiezioni di Brengger furono recapitate a Galileo da Amburgo
da Mark Welser, il 29 ottobre 1610, Opere di Galileo X, pp. 460-462). In una lunga risposta, che è una
delle prime discussioni dettagliate dell’applicazione della geometria ai nuovi dati celesti, Galileo
ammise che il ragionamento di Brengger era valido, ma asserì che alcune vette erano davvero
illuminate per più di 8 ore prima di raggiungere il confine della luce. Tutto quello che si poteva
concludere era che le montagne della Luna avevano diverse altezze! Galileo, comunque, ammise che i
suoi dati erano presi dalla parte centrale della Luna e che aveva disegnato la montagna come se fosse
stata sul limite estremo del perimetro lunare, per fare in modo che il suo argomento geometrico fosse
chiaro (lettera di Galileo a Johann Georg Brengger dell’8 novembre 1610, Opere di Galileo X, pp. 465-
473). Ma egli non dice chiaramente, come sarebbe stato utile, che si deve guardare il suo schema come
se esso fosse stato ruotato di un angolo retto con l’asse lunare, per così dire, che punta ai nostri occhi e
con l’equatore lunare che diventa il suo perimetro.
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Il fenomeno che Galileo si accinge a spiegare nei tempi antichi era chiamato luce cinerea,
mentre oggi si fa riferimento a esso come al riflesso della Terra o come la vecchia Luna nelle braccia
della nuova. Leonardo da Vinci aveva già capito che entrambe, sia la Terra che la Luna, riflettevano la
luce del Sole. Ma gli appunti di Leonardo non furono pubblicati e la prima spiegazione pubblicata che
apparve fu il libro Ad Vitellionem paralipomena quibus astronomiae traditur di Kepler, nel 1604. Egli
la attribuì a Michael Maestlin, suo professore a Tubingen (JOHANN KEPLER, Gesammelte Werke, a
cura di MAX CASPAR, Monaco, C.H. Beck’sche Verlagsbuchhandlung 1938- , vol. II, pp. 223-224).
Prima di Kepler, il riflesso della Terra era stato correttamente interpretato da un amico di Galileo, il
frate veneziano Paolo Sarpi. In una voce all’inizio del suo quaderno di appunti, Sarpi considera la
riflessione della luce solare dalla superficie della Terra come solo plausibile, ma in un secondo punto,
scritto nel 1588, la ritiene una realtà (PAOLO SARPI, Pensieri naturali, metafisici e matematici, a cura
di LUISA COZZI-LIBERO SOSIO, Milano, Riccardo Ricciardi 1996, nota 28, p. 38 e nota 490, p.
363).
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Copernico aveva scritto: “Né la Terra sarà defraudata del ministerio della Luna, ma come dice
Aristotele nel De animalibus, la Luna ha la più stretta parentela con la Terra” (De revolutionibus
orbium coelestium, Norimberga, Johann Petreius 1543, in NICCOLÒ COPERNICO, De revolutionibus
orbium caelestium: la costituzione generale dell’universo; a cura di ALEXANDRE KOYRÉ,
traduzione di CORRADO VIVANTI, Torino, Einaudi 1975, pp. 100-101). Galileo utilizza la stessa
parola cognatio per esprimere la somiglianza di famiglia tra la Luna e la Terra.
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Nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Galileo ripropone questo espediente con le
seguenti parole: “farsi ostacolo tra l’occhio e lo splendor primario col tetto di qualche cosa o con altro
tramezzo” per poter osservare “solamente la piazza della Luna fuori dalle corna” (Opere di Galileo VII,
p. 119).
109 Per sestile si intende il momento in cui la distanza tra la Luna e il Sole forma un arco di 60°,
contato a partire dalla posizione che ha la Luna nel novilunio.
110 Gli aristotelici sostenevano che la Terra era radicalmente differente dai corpi celesti, ma non