Page 115 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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miglia ci apparisce come se fusse lontano un miglio solo” (Opere di Galileo X, p. 250). Galileo scrisse
immediatamente a Enea Piccolomini, una persona influente alla corte toscana, chiedendogli di
informare il granduca della sua conquista. Egli doveva aver fornito alcune informazioni sul tipo di lenti
usate, perché Piccolomini nella lettera di conferma del 19 settembre 1609 spedì a Galileo una scatola
con delle lenti fatte “conforme all’avviso suo” con la richiesta di costruire un telescopio per il granduca
al più presto (Opere di Galileo X, p. 259). Queste lenti potevano essere state inviate anche senza una
richiesta di Galileo e non si sa nulla riguardo alla loro qualità. Galileo probabilmente continuò a fare
affidamento sulle lenti di Murano.
69 Nella sua lettera a Belisario Vinta del 19 marzo 1610, Galileo dice di aver fatto, “con grande
spesa e fatica”, più di 60 occhiali, ma che soltanto un ristretto numero erano abbastanza buoni da far
vedere le stelle medicee (Opere di Galileo X, p. 301). Nella bozza della medesima lettera, dice che solo
dieci tra più di cento erano adatti (Opere di Galileo X, p. 298).
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Galileo aveva realizzato uno strumento con un ingrandimento (lineare) di 30, come aggiunge
subito dopo, che produceva un ingrandimento superficiale di 900, il quasi mille appunto, anche se
questa è un’iperbole che rende ancora più sorprendente la sua perizia costruttiva.
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Quando Galileo presentò il suo nuovo strumento al doge, ne sottolineò i vantaggi militari.
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Due diametri stanno qui per due semidiametri, cioè due raggi terrestri. Si veda la nota 53. Galileo
ripresenta l’ingrandimento con cui osservò la Luna: se la distanza Terra-Luna è di 60 raggi terrestri e
l’ingrandimento è di 30, la sua distanza apparente al cannocchiale è di 60:30 = 2 raggi terrestri.
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Le stelle erranti sono i pianeti e i satelliti di Giove. Si vedano le note 8 e 60.
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È la conferma che Galileo sta utilizzando un ingrandimento di 20. L’in grandimento minimo di 20
serve non tanto per l’osservazione della Luna, quanto per quella dei satelliti di Giove. Galileo modifica
lenti e loro posizioni per risolvere quelle difficoltà di visione che tale sistema ottico poteva dare. Il
primo problema è quello della nitidezza dell’immagine. Dipende dal fenomeno chiamato aberrazione
ottica cromatica, in cui il fascio di luce bianca, attraversando la lente, si sfalda in diversi raggi
monocromatici, formando un insieme d’immagini colorate in posizioni diverse, che producono un alone
blu, verde e rosso. Il secondo è legato all’aberrazione ottica geometrica (sferica), che produce
un’immagine sfuocata e sfumata. Dipende dall’apertura del sistema ottico. Il primo si può correggere
accostando vetri ottici differenti; il secondo, accostando lenti con indice di rifrazione diverso.
75 Nel caso del quadrato si devono confrontare i lati.
76 Il calcolo delle posizioni degli astri è il primo compito per un astronomo. Le stelline, visibili solo
con l’occhiale, dovevano infatti essere inserite nelle mappe allora in uso. Si veda ad esempio JOHANN
BAYER, Uranometria, omnium asterismorum continens schemata, noua metodo delineata, aereis
laminis espressa, Augsburg, Christoph Mangus 1603.
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Galileo considera che i raggi escano dall’occhio. Si veda l’Introduzione, p. 19.
78 L’oggetto FG è il campo visivo del tubo senza le lenti; l’oggetto HI è il campo visivo osservato,
quando le lenti sono inserite. L’angolo visivo (CED) è il medesimo in entrambi i casi, poiché HI è visto
con il telescopio sotto lo stesso angolo, come lo era FG visto a occhio nudo. Se si effettua la procedura
con i fogli di diverse dimensioni, il rapporto di questi due campi visivi sarà noto. Ma come si può
determinare la distanza di HI? La difficoltà consiste nel fatto che il tubo non ci dà la lunghezza focale
dell’obiettivo e dell’oculare. Galileo si rese conto che variando la dimensione dell’apertura
dell’obiettivo provocava un cambiamento del campo visivo, ma non comprese quel rapporto. Inoltre,
egli realizzò telescopi di varie lunghezze, due dei quali sono conservati al Museo di Storia della Scienza
di Firenze. Sono fatti di legno e il primo è ricoperto di carta rossa, mentre il secondo di pelle rossa
dipinta in oro. Il primo telescopio ingrandisce circa 14 volte. È lungo 1360 mm e largo 60 mm. Il
campo visivo è di circa 15’’ d’arco, vale a dire metà della dimensione del diametro lunare, e il potere
risolutivo (distanza alla quale si possono distinguere due oggetti) è di 20’’ d’arco. Ciò significa che con