Page 112 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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gli astronomi di professione si vedevano richiedere gli oroscopi come parte integrante del loro lavoro.
Galileo sostituì Astronomica denuntiatio, prima con Astronomicus Nuncius e poi con Sidereus Nuncius.
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Il testo originale è in latino: “Datum Die primo Martij 1610.”
44 Si legge Lunardo Marcello dell’edizione veneziana del 1610, ma il terzo firmatario era Lunardo
Mocenigo, come si può leggere nell’originale (Opere di Galileo XIX, p. 228). Si veda anche
EDWARD ROSEN, Mocenigo not Marcello in Galileo’s “Sidereus Nuncius”, «La Bibliofilia» LVI
(1954), pp. 225-226.
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Il testo originale è in latino: “Illustrissimi Consilij X. Secretarius / Bartholomaeus Cominus.”
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È la seconda parte della licenza di stampa, concessa in un momento successivo alla precedente
dalla Congregazione contro la blasfemia.
47
Il testo originale è: “Ioan.Baptista Breatto off. / Con. Blasph. Coad.” La licenza di stampa doveva
essere controfirmata dal capo della Congregazione contro la blasfemia o da un suo delegato. Questo
ufficio, istituito nel 1537, era un tribunale contro la blasfemia, il sacrilegio e ogni forma di eresia
religiosa (GAETANO COZZI, Religione, moralità e giustizia a Venezia: vicende della magistratura
degli Esecutori contra la Blasfemia, in GAETANO COZZI, La società veneta e il suo diritto, Venezia,
Fondazione Cini 2000, p. 65-148).
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Avviso astronomico è la prima versione del titolo, poi diventato Nunzio sidereo. Si veda la nota 1.
49 Questo titolo dell’opera, come appare qui all’interno, reca la forma primitiva Messaggio
Astronomico, che fu rimpiazzata da Nunzio Sidereo del frontespizio. Si trova anche astri cosmici,
invece di astri medicei, per la ragione esposta nelle note 1 e 2.
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Alcuni lettori erano affascinati dall’assoluta novità delle osservazioni di Galileo. Scrivendo da
Napoli, dove era stato imprigionato per le proprie idee politiche, Tommaso Campanella acclamò le
scoperte di Galileo con una citazione dalla Bibbia: “Allora vidi un nuovo cielo e una nuova terra”
(Rivelazioni, libro 21, versetto 1), e si congratulò con lui di aver aperto gli occhi alla gente, mostrando
loro “un nuovo cielo e una nuova Terra sulla Luna” (lettera a Galileo del 13 gennaio 1610, Opere di
Galileo XI, p. 23). Nella primavera del 1611, Galileo aveva ricevuto un trionfale benvenuto a Roma. Il
cardinale Francesco Maria del Monte, scrivendo al granduca Cosimo II il 31 maggio 1611, dichiarò:
“Se noi stessimo ancora vivendo nell’antica Roma repubblicana, sono certo che verrebbe eretta una
statua in suo onore sul Campidoglio” (Opere di Galileo XI, p. 119). Questo non era un tributo comune:
a oggi, sulla sommità del Campidoglio, uno dei sette colli di Roma, c’è soltanto una statua, quella
dell’imperatore Marco Aurelio.
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Novità assoluta è indubbiamente l’esistenza di corpi celesti, come i satelliti di Giove, in rotazione
attorno a un centro diverso dal centro del mondo, che era la Terra per il sistema tolemaico e tychonico,
oppure il Sole per il sistema copernicano e kepleriano.
52 Galileo non era in grado di contare tutte le stelle ma fece alcuni esempi (si vedano le pp. 126-131
del Sidereus Nuncius). Prima di lui, il numero delle stelle era quello fornito dall’Almagesto di Tolomeo,
scritto nel secondo secolo, dove troviamo la posizione e la grandezza di 1022 stelle. Al tempo di
Galileo, l’astronomo danese Tycho Brahe nel 1592 aveva pubblicato una lista di 777 stelle, che
aumentò in seguito con una certa fretta per offrire al proprio mecenate, l’imperatore Rodolfo II, un
catalogo di 1000 stelle (VICTOR THOREN, The Lord of Uraniborg, Cambridge, Cambridge
University Press 1991, pp. 294-300).
53 Galileo scrisse diametri, quando ciò che intendeva dire qui era raggi, vale a dire semidiametri.
Che questo non sia un errore matematico ma un uso peculiare del tempo risulta chiaro dal modo in cui
egli utilizza regolarmente diametro al posto di raggio in una lettera del 7 gennaio 1610 (Opere di
Galileo X, p. 273, linea 4 e p. 277, linea 124). Quando Galileo intendeva diametro, utilizzava
l’espressione diametro intero, come si trova quando egli parla della Luna (si veda il primo capoverso di