Page 126 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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del disco di Giove varia da 50’’ a 31’’. La stima di Galileo è pertanto eccessiva, e il motivo è
probabilmente che il suo telescopio gli mostrava un falso anello di luce attorno a Giove. Dal 1612,
Galileo perfezionò la propria tecnica di osservazione e in corrispondenza del 21 gennaio annotò che il
diametro di Giove era leggermente più grande di 41’’ e il 9 giugno che era un po’ più grande di 39’’.
151 Il problema della determinazione del diametro visuale di Giove è chiaro dall’annotazione di
Galileo nel suo registro astronomico in corrispondenza di questo giorno, il 18 gennaio 1610: “lo spazio
tra la stella a oriente e il centro di Giove era 9’, e tra Giove e quella a occidente 11’. In accordo con la
mia stima, il diametro di Giove era di 3’ o un po’ meno” (Opere di Galileo III, p. 428). Dopo aver
scritto questo, Galileo corresse la sua stima da 3’ a 2’ e ridusse la distanza dei satelliti da Giove di 1’,
vale a dire da 9 a 8 per la stella a est, da 11 a 10 per quella a ovest. La ragione è che egli iniziò a dare le
distanze dal limbo piuttosto che dal centro di Giove, anche se non fu sempre coerente in questo.
152 Questa è la prima volta che si fa riferimento a un intervallo così piccolo. Esso può essere contato
soltanto dall’estrema circonferenza di Giove, perché con il suo telescopio Galileo poteva, difficilmente,
distingure un satellite lontano solo di 10’’.
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Tra il 30 gennaio e il 13 febbraio, Galileo fece le sue osservazioni da Venezia, dove si era recato
per stampare il Sidereus Nuncius (si veda le sue lettere a Belisario Vinta scritte durante quei giorni,
Opere di Galileo X, p. 280 e p. 282).
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C’è un errore nei due insiemi di dati, annotati durante il 2 febbraio 1610. Nel primo insieme,
fatto in un tempo non specificato ma antecedente al secondo, il satellite più esterno verso occidente è 8’
dall’altro satellite sempre a occidente e più vicino a Giove, che dista 6’ da Giove. Nel secondo insieme
di dati, la distanza del satellite più esterno dovrebbe essere diminuita, invece è ancora registrata come
8’ dal satellite più vicino, per una distanza totale di 14’ da Giove. Il fatto che la distanza non diminuiva
sembrerebbe indicare che, in quell’arco di tempo, il satellite più esterno stava percorrendo l’altra metà
dell’orbita, in direzione contraria alla precedente. La difficoltà consisteva nel determinare quando esso
avesse raggiunto l’estremità della sua orbita, prima di cambiare direzione. Il problema fu sollevato da
Francesco Sizzi in un libriccino pubblicato a Venezia nel 1611, dove affermava che quei presunti
satelliti non avevano moti regolari (FRANCESCO SIZZI, Dianoia Astronomica, Optica, Physica, in
Opere di Galileo III, pp. 228-230. Per una discussione della critica di Sizzi, si veda STILLMAN
DRAKE, Telescopes, Tides & Tactics, Chicago, University of Chicago Press 1983, pp. 92-99).
155 Durante questa notte, Galileo iniziò a registrare non solo le posizioni dei satelliti rispetto a
Giove, come aveva già fatto, ma anche il moto di Giove rispetto a una stella fissa della costellazione del
Toro. Egli continuò a farlo fino al 2 marzo almeno.
156
Il testo riporta “hora 1, min. 4,” (“1 ora e 4 minuti”); ma si deve intendere chiaramente “1 ora e
40 minuti”.
157
Nel passo corrispondente del manoscritto del Sidereus Nuncius, Galileo è stato molto più
candido nello spiegare le proprie difficoltà: “non è stato ancora possibile trovare i loro periodi e, fino a
ora, non sono ancora stato capace di distinguere ciascuno di loro, perché essi non differiscono in modo
significativo per colore o dimensione” (Opere di Galileo III, p. 46). Galileo scrisse a Belisario Vinta:
“questa mia fatica, veramente atlantica” (lettera da Roma del 1° aprile 1611, Opere di Galileo XI, p.
80).
158
Che Giove ruoti attorno alla Terra o attorno al Sole, il suo periodo di rivoluzione è di circa 12
anni.
159
Dal 1612, Galileo determinerà il periodo di questo satellite come lungo 16 giorni e un po’ meno
di 18 ore. Il valore moderno è di 16 giorni e un po’ meno di 17 ore. Si veda l’Introduzione a p. 63.
160
Nel manoscritto, Galileo aveva aggiunto qui “ed ogni difficoltà” (Opere di Galileo III, p. 46).
161 Nel manoscritto si trova tra parentesi, “cosa che trovo più in accordo con la verità” (Opere di