Page 127 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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Galileo III, p. 46).
                  162  Nel manoscritto, Galileo aveva scritto qui, per poi cancellarlo, “cosa che potrebbe sembrare di
               non poca difficoltà” (Opere di Galileo III, p. 46).
                  163  Il manoscritto riporta “stelle cosmiche” (Opere di Galileo III, p. 46).
                  164  Le orbite dei satelliti sono molto prossime all’essere circolari e troppo piccole per rendere conto
               del considerevole cambio di luminosità dei satelliti nelle diverse posizioni.
                  165  Galileo sta pensando di disegnare la retta, conosciuta con il nome di apside, che unisce il punto

               dell’orbita del satellite più vicino a Giove, con il punto diametralmente opposto, quello più lontano dal
               pianeta. Non fa nessun riferimento a Kepler, che aveva pubblicato la scoperta delle orbite ellittiche
               nell’Astronomia Nova del 1609. Galileo non sembra aver preso in considerazione la possibilità finché
               Federico  Cesi,  che  nel  1611  lo  aveva  accolto  tra  i  membri  dell’Accademia  dei  Lincei  di  cui  era  il
               presidente, non glielo chiese (si veda la lettera di Cesi a Galileo del 21 giugno 1612, Opere di Galileo
               XI, p. 365).
                  166  Questa espressione per il Sole e la Luna è presa a prestito dalla Bibbia (Genesi, cap. 1, versetto
               16).
                  167  Il massimo angolo sotteso dalla Luna è di circa 31’’ d’arco. Sembra molto più largo all’orizzonte
               che alto nel cielo, ma è solo un’illusione ottica. Un semplice esperimento lo può dimostrare: si prenda
               una matita sottile, di circa 5 mm di sezione; si tenga tra l’occhio e la Luna con il braccio teso. La Luna
               sarà completamente coperta, che sia vicino all’orizzonte o alta nel cielo.
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                      Si veda la nota 112. Nella Seconda Giornata del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
               (il titolo con cui apparve il suo Sistema nel 1632), Galileo indica la ragione dell’assenza di atmosfera
               sulla Luna: “SALV. […] Secondariamente, io tengo per fermo che nella Luna non siano piogge, perché
               quando in qualche parte vi si congregassero nugole, come intorno alla Terra, ci verrebbero ad ascondere
               alcuna di quelle cose che noi col telescopio veggiamo nella Luna, e in somma in qualche particella ci
               varierebber la vista; effetto che io per lunghe e diligenti osservazioni non ho veduto mai, ma sempre vi
               ho scorto una uniforme serenità purissima” (Opere di Galileo VII, p. 126).
                  169  In accordo con la cosmologia aristotelica, la Terra è circondata da strati successivi dei quattro
               elementi: terra, acqua, aria e fuoco.
                  170   Galileo  espresse  l’intenzione  di  pubblicare  una  seconda  edizione  del  suo  libro,  meno  di  una
               settimana dopo la sua apparizione. Scrivendo a Belisario Vinta il 19 marzo 1610, lo informava che le
               550 copie appena stampate erano già state distribuite e che stava progettando una seconda edizione:
               “Sarà anco necessario tra brevissimo tempo ristampare l’opera, compita con moltissime osservazioni, le
               quali vo continuando, et con molte e bellissime figure tagliate in rame da valente huomo, il quale ho già
               incaparrato, et lo conduco meco a Padova; per li quali disegni si rappresentino a capello le figure di
               tutta una lunazione, le quali sono cosa mirabile da vedersi, et di più molte immagini celesti con tutte le
               stelle che veramente vi sono, le quali saranno più che dieci volte tanto che le conosciute sino a qui, et a
               presso  tutte  nove  le  costellazioni  che  sin  qui  sono  state  credute  stelle  nebulose,  ma  in  effetto  sono
               gruppi di assaissime stelle unite insieme. Spero ancora che haverò potuto definire i periodi de i nuovi
               pianeti. Questa credo che bisognerà farla toscana, sendone da moltissimi stato richiesto sin qui; oltre
               che non credo che siano per mancare molti componimenti di tutti i poeti toscani, già che so che qui
               sono di belli ingegni che scrivono. Questa seconda edizione haverei gran desiderio che fusse fatta più
               proporzionata alla grandezza del Padrone, che alla debolezza del servo: però in tutto mi rimetto a i
               cenni di S. A.” (bozza di lettera, Opere di Galileo X, p. 299, righe 54-70). E dalla lettera stessa: “Sarà
               necessario che V. S. Ill. ma  faccia mie scuse a presso loro Altezze se l’opera non vien fuori stampata
               con  quella  magnificenza  et  decoro  che  alla  grandezza  del  suggetto  saria  stato  necessario,  perchè
               l’angustia  del  tempo  non  l’ha  permesso,  nè  io  ho  voluto  punto  prolungare  la  publicazione,  per  non
               correr risico che qualche altro non havesse incontrato l’istesso et preocupatomi; et per ciò l’ho mandato
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