Page 88 - Galileo. Scienziato e umanista.
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l’accelerazione  dei  corpi  pesanti  come  una  naturale
                conseguenza  della  loro  gravità,  ossia  della  loro  tendenza  a

                precipitarsi  verso  il  centro  dell’universo.  I  suoi  commentatori
                non erano soddisfatti di tale spiegazione: proposero quindi che

                la  gravità  fosse  una  conseguenza  della  posizione,  o  di
                un’attrazione verso il centro, o di una spinta dell’aria. Si aveva

                accelerazione  perché  la  gravità  aggiungeva  continuamente

                nuovo  moto  a  quello  già  presente;  oppure  perché  un  corpo,
                quando  iniziava  a  cadere,  possedeva  un  «impulso»  inespresso

                che lo teneva sospeso, per poi scemare gradualmente, come il
                calore  di  una  pentola  tolta  dal  fuoco;  o  infine,  grazie  ad  altri

                principî  ancora:  il  superamento  degli  ostacoli,  la  natura  del
                corpo  in  movimento  –  tutte  cose  che  avrebbero  potuto

                accidentalmente diventare cause del moto. E la caduta libera era
                il  caso  piú  semplice!  Gli  oggetti  lanciati,  spinti  dal  vento,

                espulsi dall’acqua come le bolle, e cosí via, non si muovevano
                liberamente:  in  questi  casi,  come  può  la  «violenza»  impressa

                inizialmente  dal  motore  sopravvivere  nell’oggetto  in
                movimento, e in che modo l’impulso originale perde la propria

                forza? L’aria aiuta o intralcia il movimento? Il moto naturale –
                la  caduta  libera  e  la  sua  tendenza  –  agisce  insieme  al  moto

                violento  per  tutto  il  processo,  oppure  soltanto  dopo  che  la

                violenza  è  scemata  fino  a  pareggiarsi  con  la  natura,  o  ad
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                annullarsi ? Era da queste catacombe che Mazzoni sperava di
                guadagnarsi  una  via  d’uscita  grazie  a  un  po’  d’aiuto  dalla
                matematica e da Galileo.

                    Qualcosa del contenuto delle loro conversazioni è possibile
                desumere  dal  trattato  concordista  di  Mazzoni,  In  universam

                Platonis et Aristotelis philosophiam praeludia, rimasto inedito
                fino al 1597, dalla risposta di Galileo a esso e da uno scritto non

                pubblicato  di  Galileo,  De  motu  antiquiora.  Questi  ultimi  due
                comprendono note sparse, un breve dialogo e due bozze di un

                                                                                                      69
                trattato, tutto scritto in latino. Risalgono piú o meno al 1590 .
                Seguendo un’indicazione di Favaro, il dialogo può essere letto
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