Page 81 - Galileo. Scienziato e umanista.
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difficili  in  una  materia  già  sufficientemente  confusa,  e  che
                Galileo non lo seguí su questo terreno, non lo faremo neanche

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                noi .
                    Nello stesso anno, il 1583, in cui soggiornò per l’ultima volta

                a  spese  dell’Inquisizione,  Borro  pubblicò  a  Firenze  la  terza
                edizione del suo dialogo sulle maree, Del flusso e reflusso del

                mare.  Galileo  conosceva  questo  libro  e  propose  questo  stesso

                titolo per l’opera che noi conosciamo come il Dialogo sopra i
                due massimi sistemi del mondo (1632). In entrambi i dialoghi

                l’autore  assegna  a  sé  stesso  il  ruolo  principale  e  si  fa  strada
                attraverso  un  intero  sistema  cosmologico  prima  di  arrivare

                all’argomento  annunciato  nel  titolo  –  con  la  differenza,
                ovviamente,  che  Borro  scrisse  con  lo  scopo  di  difendere  la

                cosmologia  tradizionale,  mentre  Galileo  si  proponeva  di
                demolirla. Borro dedicò la propria opera sulle maree alla prima

                moglie  di  Francesco  I,  Giovanna  d’Austria,  che  si  era
                interessata  di  astronomia.  Il  professore  avvicinò  la  duchessa

                attraverso i Salviati, una famiglia legata per interessi, intrighi e
                matrimoni ai Medici. Borro aveva lavorato come segretario per

                il  cardinale  Giovanni  Salviati  e  conosceva  bene  la  famiglia:
                «fui, et sono, et sarò mentre viverò, et dopo morte ancora, se

                possibile sarà, obligatissimo, et affettionatissimo servidore della
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                gloriosa memoria [dei Salviati]» . Il portavoce di Galileo nel
                Dialogo sui sistemi del mondo era un altro Salviati, Filippo, un

                virgulto dell’albero che Borro aveva coltivato con tanta cura.
                    Il  dialogo  di  Borro,  scritto  in  italiano  per  attirare  lo  stesso

                genere di pubblico cui si sarebbe rivolto piú tardi anche Galileo,
                si svolge nei giardini di Palazzo Pitti, sotto la geniale direzione

                della  granduchessa.  (Galileo  ambientò  il  proprio  Dialogo  nel
                palazzo di un nobile veneziano che faceva da ospite e maestro

                di cerimonie). La discussione inizia con l’osservazione di Borro
                che i giardini del palazzo granducale erano molto piú piacevoli,

                nella calura estiva, delle ville romane, con i loro moscerini e le
                loro zanzare, e con le acque salmastre inquinate dai rivestimenti
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