Page 52 - Galileo. Scienziato e umanista.
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essendo che gl’idoli dell’imaginazione contribuiscono non poco
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                a  educare  e  indirizzare  le  meditazioni  del  filosofo» .
                Conosciamo  qual  è  l’effetto  di  leggere  e  rileggere  storie  di
                avventure audaci, di cavalieri galanti, di fanciulle in pena, di un

                unico  eroe  vittorioso  contro  un  esercito.  Lo  sappiamo  dal
                comportamento  di  un  altro  lettore  del  Furioso,  il  cavaliere

                malinconico  dall’espressione  triste,  don  Chisciotte  della

                Mancia.  La  visione  telescopica  di  Erminia  era  presente  alla
                mente  di  Galileo  quando  egli  perfezionò  il  proprio

                cannocchiale?  Si  ricordava  della  ninfa  anonima  e  competente
                del  Furioso  che,  «con  semplici  parole  |  moss[e]  la  terra,  e

                                                                                                 98
                [fermò] il sole», quando rifletteva sulla teoria copernicana ? Si
                ricordò  del  viaggio  di  Astolfo  sulla  Luna  quando  iniziò  a

                esplorare i cieli?


                    3.2. Pazzia.


                    Il duca Astolfo, il premuroso cugino di Orlando e paladino
                come lui, volò sulla Luna su un carro trainato da cavalli alati,

                alla  ricerca  del  senno  del  grande  campione.  Ciò  era
                perfettamente ragionevole, dato che tutte le cose che perdiamo

                qui  finiscono  lassú.  La  Luna  divenne  una  seconda  Terra,  con
                fiumi,  laghi,  valli,  montagne  e  ampie  foreste  colme  di  ninfe

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                disponibili . Nel corso dei suoi viaggi lunari Astolfo si imbatté
                in  reputazioni  perdute,  amori  abbandonati,  trattati  accantonati,

                opere buone dimenticate, bellezze svanite – di tutto, in effetti,
                tranne la pazzia, «che sta qua giú, né se ne parte mai» – prima di

                arrivare a una montagna di cervelli, conservati in ampolle per
                evitare  che  evaporino.  «Quella  è  maggior  di  tutte,  in  che  del

                folle | signor d’Anglante era il gran senno infuso; | e fu da l’altre

                conosciuta, quando | avea scritto di fuor: senno d’Orlando». Lo
                stupore  di  Astolfo  di  fronte  a  queste  meraviglie  non  fu  nulla

                confrontato allo shock che lo colse quando rinvenne una piccola
                fiala  contenente  parte  del  suo  stesso  senno,  che  non  aveva

                perduto,  e  altri  vasi  colmi  dei  cervelli  di  persone  che  egli
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