Page 50 - Galileo. Scienziato e umanista.
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Amleto; Goffredo è un buon capo perché ascolta e prende
decisioni. Galileo non coglie l’emozione nella relazione fra
Tancredi e Clorinda: il famoso aforisma di Oscar Wilde
secondo cui «ogni uomo uccide la cosa che ama». Non gli
piacciono le «effusioni del sentimento e [la] delicata
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malinconia» . I critici hanno stroncato le sue osservazioni
perché troppo rigide e matematiche, come nel caso della sua
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preoccupazione per le dimensioni del patrimonio di Armida .
Era il suo gusto per i classici o il suo conservatorismo a renderlo
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«sordo alle soluzioni patetiche del piú moderno Tasso» ? La
causa è piú profonda: Galileo non poteva tollerare l’ambiguità,
nel carattere come nella geometria. Arrivò a giudicare i propri
contemporanei, amici e oppositori, con le stesse categorie –
bianco o nero – che applicava alla finzione letteraria. Cosí,
sebbene potesse di tanto in tanto lodare Tasso per una frase ben
costruita, come nella sua descrizione della facciata del palazzo
di Armida, o perfino per un buon discorso, come nella replica di
Argante a Tancredi all’inizio del loro duello finale (piango non
per il mio destino, ma per quello di Gerusalemme), egli inizia e
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conclude le sue Considerazioni senza alcuna sfumatura .
All’inizio: «rottamente, seccamente e crudelmente conduce le
sue opere il Tasso, per la povertà di tutti i requisiti al ben
oprare». Alla fine: «Il resto della stanza è snervato, al solito,
non significante, con quei suoi soliti generali, che non
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dipingono niente» .
L’avversione di Galileo per la complessità di un personaggio,
che è tutt’uno con la sua svalutazione della storia, è l’opposto
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della sua attenzione compulsiva verso i dettagli linguistici .
Preferiva perfezionare il linguaggio di Ariosto che far risuonare
la psicologia di Tasso. «[L]a forza persuasiva dell’analisi
galileiana diminuisce in misura tanto maggiore, quanto piú alta
è l’ispirazione e piú valida la resa poetica della pagina in
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esame» . Come in letteratura, cosí in fisica Galileo si trovava
piú a proprio agio con gli accidenti, piuttosto che con le essenze