Page 462 - Galileo. Scienziato e umanista.
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«procedendo in pura ipotesi matematica, cercando per ogni
strada artifiziosa di rappresentarla superiore, non a quella della
fermezza della Terra assolutamente, ma secondo che si difende
da alcuni […] di professione Peripatetici» 191 .
Riccardi non aveva specificato un posto per la
somministrazione della «medicina del fine». Galileo scelse di
metterla in bocca a Simplicio. Il sempliciotto ammise che
sebbene tenesse in alta considerazione le idee di Salviati sulle
maree non poteva riconoscerle come vere e conclusive: «anzi,
ritenendo sempre avanti a gli occhi della mente una saldissima
dottrina, che già da persona dottissima ed eminentissima appresi
ed alla quale è forza quietarsi, so che amendue voi, interrogati
se Iddio con la Sua infinita potenza e sapienza poteva conferire
all’elemento dell’acqua il reciproco movimento, che in esso
scorgiamo, in altro modo che co ’l far muovere il vaso
contenente, so, dico, che risponderete, avere egli potuto e saputo
ciò fare in molti modi, ed anco dall’intelletto nostro
inescogitabili». Salviati: «Mirabile e veramente angelica
dottrina: alla quale molto concordemente risponde quell’altra,
pur divina, la quale, mentre ci concede il disputare intorno alla
costituzione del mondo, ci soggiugne […] che non siamo per
ritrovare l’opera fabbricata dalle Sue mani». Sagredo:
«[Andiamo] a gustare per un’ora de’ nostri freschi nella gondola
che ci aspetta» 192 .
Galileo sapeva bene, per esperienza personale, con quanta
forza e perfino emozione Urbano era legato al proprio
argomento, cui era quasi impossibile rispondere 193 . Perché non
affidò allora il Semplice di Urbano a Salviati o a Sagredo?
Perché entrambi, ma anche Simplicio (se era un distillato di
Borro, Buonamici e Cremonini), si opponevano a mischiare la
teologia alla fisica. L’argomento non si addiceva al personaggio
e avrebbe rovinato la mascherata. Anche Urbano la pensava
cosí. Voleva che Galileo dicesse, con la propria voce, qualcosa
del genere: