Page 459 - Galileo. Scienziato e umanista.
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ma  i  suoi  nemici  si  consolarono  della  sua  reputazione  di
                astrologo  e  della  sua  amicizia  con  Morandi  e  con  Visconti,

                mentre Scheiner aveva colto l’inizio del nuovo corso a Roma e
                nella  Rosa  Ursina  aveva  condannato  l’astrologia  come

                «risibile» e «priva di valore»           182 . Galileo pensò utile inserire, nel
                Dialogo,  una  frecciatina  agli  astrologi.  È  sorprendentemente

                bonaria e piazzata in un posto maldestro: Sagredo e Salviati si

                sono appena fatti una bella risata a proposito di quei filosofi che
                sostenevano  che  gli  scritti  di  Aristotele  «contenevano»

                anticipazioni di invenzioni moderne quali il telescopio; certo, se
                ne burla Sagredo, Aristotele contiene tutte queste anticipazioni,

                ma  solo  nel  senso  in  cui  un  blocco  di  marmo  contiene  una
                statua, o che gli oracoli pagani predicono il futuro, cioè dopo

                che  l’evento  ha  avuto  luogo.  Salviati:  «E  dove  lasciate  voi  le
                predizioni de’ genetliaci, che tanto chiaramente doppo l’esito si

                veggono nel tema o vogliam dire nella figura celeste?»                      183 .
                    Non  ci  voleva  un  astrologo  per  capire  che  la  morte  del

                Principe delle linci, il primo giorno di agosto del 1630, avrebbe
                aggravato  le  difficoltà  incontrate  dal  Dialogo  in  vista  della

                pubblicazione.  L’evento  si  dimostrò  catastrofico.  La  morte  di
                Cesi segnò, di fatto, la fine delle linci. Il suo ovvio successore, il

                cardinale  nipote,  rifiutò  l’onore;  e  nessun  altro  aveva  la

                posizione, la dedizione e i mezzi necessari                 184 . Eppure, dato che
                Galileo  aveva  quasi  ottenuto  il  permesso  di  stampare  da

                Riccardi, e poteva avere curatori a lui favorevoli nelle persone
                di  Riccardi,  Ciampoli,  Visconti  e  Castelli,  tutti  vicini  ai

                Barberini, aveva piú senso portare a termine il piano originale e
                pubblicare  a  Roma.  Senza  Cesi,  tuttavia,  Galileo  avrebbe

                dovuto negoziare direttamente con il Mostro Riccardi e seguire
                personalmente  la  stampa.  Ciò  avrebbe  richiesto  una  lunga

                permanenza a Roma. «La colga la peste», potrebbe aver detto –
                ed  ecco  che  la  peste  arrivò  davvero,  portata  in  Italia

                dall’esercito del Sacro Romano Impero sceso per dare battaglia
                a Urbano e ai francesi nella guerra secondaria per la successione
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