Page 454 - Galileo. Scienziato e umanista.
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fornire questa semplice dimostrazione se voleva che il resto del
                libro venisse accettato        169 .

                    Il Cardinale Francesco indovinò giustamente che Galileo non
                aveva  alcuna  intenzione  di  strappare  la  Terra  dal  cielo

                copernicano.  Decantando  il  Dialogo  proprio  poco  prima  di
                finirlo, Galileo scrisse a Elia Diodati (un avvocato parigino che

                si era recato a Firenze solo per conoscerlo) che oltre al materiale

                sulle maree conteneva «molti altri problemi et una amplissima
                confermazione del sistema Copernicano, con mostrar la nullità

                di  tutto  quello  che  da  Ticone  e  da  altri  vien  portato  in
                contrario»     170 .  Le  maree  da  sole,  tuttavia,  erano  piú  che

                sufficienti:  «Stando  la  terra  immobile,  è  impossibile  che
                seguano  i  flussi  e  reflussi;  e  movendosi  de  i  movimenti  già

                assegnatili,  è  necessario  che  seguano».  E  al  conte  Cesare
                Marsili,  bolognese,  eletto  di  lí  a  poco  fra  le  linci,  Galileo

                confidò  di  non  poter  separare  il  libro  dall’eliocentrismo:  «vo
                tirando avanti il mio Dialogo del flusso e reflusso, che si tira in

                conseguenza  il  sistema  Copernicano»                171 .  Ma  il  3  maggio  del
                1630,  quando  Galileo  arrivò  a  Roma  con  il  suo  lungo

                manoscritto,  nessuno  a  parte  lui  sapeva  che  cosa  contenesse
                esattamente,  sebbene  i  pettegolezzi  locali  chiacchieravano  che

                confutasse le opinioni dei gesuiti e che il suo autore preparava

                oroscopi.  Come  di  consueto,  Galileo  ricevette  un  cordiale
                benvenuto da parte dei Barberini              172 .

                    Il 17 o il 18 maggio Galileo ebbe un lungo colloquio privato
                con Urbano. Sebbene il contenuto della conversazione non sia

                noto,  aiuta  a  comprendere  quello  che  accadde  dopo  supporre
                che  nel  1630  Urbano  era  arrivato  a  credere  che  una

                dimostrazione, da parte di Galileo, della superiorità dell’ipotesi
                copernicana  rispetto  alle  ipotesi  rivali  avrebbe  potuto  essere

                utile alla Chiesa. Aveva apprezzato il preambolo di Galileo alla
                (mai spedita) Lettera a Francesco Ingoli, cosí come gli era stato

                letto  da  Ciampoli;  come  il  lettore  ricorderà,  tale  preambolo
                giustificava  la  presentazione  dei  vantaggi  dell’ipotesi
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