Page 467 - Galileo. Scienziato e umanista.
P. 467

trattare  in  modo  equo  e  matematico,  cioè  ipoteticamente,  i
                sistemi del mondo, e che il potente talismano dell’onnipotenza

                divina  si  era  trasformato  in  polvere  in  bocca  a  Simplicio.
                Quando Urbano si mise a guardare con attenzione il libro, i suoi

                peli  papali  si  rizzarono  prima  ancora  di  arrivare  al  testo:  sul
                verso  del  frontespizio  c’era  infatti  qualcosa  di  ancora  piú

                sospetto  dei  tre  delfini  che  comparivano  sulla  pagina

                precedente. Tre imprimatur: uno, non datato, da Riccardi, come
                maestro  del  Sacro  Palazzo;  gli  altri  due,  datati  11  settembre

                1632, da Pietro Niccolini e da Clemente Egidi, rispettivamente
                l’arcivescovo  e  il  capo  degli  inquisitori  di  Firenze.  Poiché

                Riccardi  non  aveva  alcuna  autorità  fuori  da  Roma,  il  naso
                sospettoso  del  papa  sentí  puzza  di  qualcosa  che  non  andava;

                anzi  di  due.  Ciampoli  e  Riccardi  lo  avevano  ingannato,
                convincendolo che il manoscritto del 1630 non conteneva nulla

                che non potesse essere sistemato facilmente; Riccardi concesse
                l’imprimatur  sulla  base  del  fatto  che  Urbano  non  avesse

                sollevato  alcuna  obiezione  particolare  (non  aveva  ragioni  per
                farlo,  ritenendo  l’opera  una  buona  opera);  e  poi,  dopo  aver

                finalmente letto il manoscritto o parte di esso, Riccardi cercò di
                rimanere fedele alla propria amicizia nei confronti di Galileo e

                ai  propri  obblighi  di  censore  spostando  la  responsabilità

                dell’approvazione  fuori  da  Roma,  dove  lui  non  aveva
                giurisdizione. Riccardi avrebbe potuto essere stupito quanto il

                papa  alla  vista  del  proprio  imprimatur  insieme  a  quelli  dei
                funzionari  fiorentini.  Sembrava  che  Galileo  avesse  diviso  e

                conquistato la censura traducendo un’approvazione provvisoria
                ottenuta a Roma in un permesso a pubblicare, senza una severa

                revisione preventiva, a  Firenze. Questo  fu piú  o meno  quanto
                avvenne.  Urbano  pretese  una  spiegazione;  Riccardi  incolpò

                della  vicenda  i  fiorentini  e  Ciampoli,  che  gli  aveva  riferito,  a
                suo  dire,  che  Urbano  non  aveva  alcuna  obiezione

                all’argomentazione  generale  di  Galileo                207 .  Urbano  accettò  il
                fatto che anche Riccardi era stato vittima di un inganno, e che
   462   463   464   465   466   467   468   469   470   471   472