Page 468 - Galileo. Scienziato e umanista.
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Ciampoli  aveva  messo  in  scena  la  commedia  delle
                autorizzazioni      208 .

                    Molte  delle  informazioni  relative  al  coinvolgimento  di
                Ciampoli ci viene dal resoconto di Niccolini di alcuni spiacevoli

                colloqui da lui avuti con Urbano il 4 e l’11 settembre del 1632.
                Nel primo Niccolini chiese, su indicazione del granduca, perché

                mai si dovesse sospettare di un libro come il Dialogo, fornito di

                tutti  i  permessi  possibili.  Non  era  l’approccio  giusto:  il  papa
                diede  in  escandescenze  contro  Ciampoli  e  Riccardi.  Niccolini

                chiese  poi  che  a  Galileo  fosse  consentito  venire  a  Roma  per
                giustificarsi, ma Urbano si infuriò ancora di piú: il Sant’Uffizio

                (a cui la questione non era stata riferita) non negozia. E ancora:
                il libro di Galileo «apport[a] alla religione pregiudizi grandi e

                de’ piú pessimi che siano stati mai inventati»; si è immischiato
                con  «[la]  piú  perversa  materia  che  si  po[ssa]  mai  haver  alle

                mani»; il libro tratta una materia «perversa in estremo grado»,
                «fastidios[a]         e     pericolos[a]»,          «perniciosa»      209 .    Alcune

                indicazioni  di  quale  fosse  l’obiettivo  di  questa  retorica,  che
                sembra  piú  adatta  a  descrivere  la  peste  che  a  parlare  di

                astronomia, si possono ricavare da altre espressioni presenti nei
                resoconti  di  Niccolini:  Urbano  disse  che  Galileo  sapeva

                benissimo dov’erano le difficoltà, «perché n’habbiamo discorso

                con lui et l’ha sentite tutte da noi medesimi». Galileo «haveva
                ardito d’entrar dove non doveva, et in materie le piú gravi e le

                piú pericolose che a questi tempi si potesser suscitare»                    210 .
                    Che cosa c’era di cosí perverso, di mortale perfino, di cosí

                minaccioso  per  la  religione  (anzi,  la  peggior  minaccia  mai
                concepita), di cosí problematico in quel particolare momento?

                Senza dubbio il fatto di indebolire il papato ingannando un papa
                che  aveva  accordato  la  propria  fiducia,  in  un  periodo  in  cui

                imperversavano  la  guerra  e  la  peste,  avrebbe  potuto  essere
                considerato perverso e pernicioso. Eppure non avrebbe reso il

                libro  di  Galileo  cosí  terribilmente  pericoloso  per  la  religione.
                Quando  Urbano  diede  sfogo  a  queste  pesantissime  accuse,  si
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