Page 472 - Galileo. Scienziato e umanista.
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nipote  diede  istruzioni  all’inquisitore  fiorentino  affinché
                comunicasse a Galileo di rendersi disponibile al Sant’Uffizio a

                Roma, in ottobre. Galileo cercò di declinare l’invito adducendo
                a  pretesto  l’età  e  le  cattive  condizioni  di  salute.  Scrisse  al

                cardinale nipote attraverso l’ambasciatore Niccolini, suo amico
                e ammiratore, chiedendo che gli fosse consentito di difendersi

                per iscritto o, nel caso fosse stato necessario il processo, che si

                tenesse  a  Firenze.  Il  viaggio,  sufficientemente  duro  in
                qualunque  momento,  mentre  la  peste  dilagava  lo  avrebbe

                portato  alla  morte.  Galileo  aggiunse  anche  un  riferimento
                misteriosissimo  a  un  uomo  saggio  e  santo,  teologo  molto

                preciso  e  stringato,  che  lo  aveva  incoraggiato  a  scrivere  il
                Dialogo «quasi ecco dello Spirito Santo, improvisamente uscí

                dalla  bocca  di  persona  eminentissima  in  dottrina  e  veneranda
                per  santità  di  vita;  pronunziato  tale,  che  in  sé  contiene,  sotto

                manco di dieci parole con arguta leggiadria accoppiate, quanto
                da  lunghi  discorsi  disseminati  ne  i  libri  de  i  sacri  dottori».

                Galileo non fece il nome del sant’uomo che aveva ridotto san
                Tommaso  alla  lunghezza  di  un’Ave  Maria                          219 .  Niccolini

                sconsigliò  a  Galileo  di  consegnare  la  lettera,  poiché
                l’Inquisizione  avrebbe  preteso  di  conoscere  l’identità  del

                taciturno teologo. In seguito a ulteriori sollecitazioni, tuttavia,

                passò  la  lettera  al  cardinale,  che  la  mostrò  al  papa.  Nessuno
                credette ad alcuna delle storie di Galileo. Né l’aiutarono le copie

                della Lettera a Madama Cristina di Lorena che aveva inviato a
                Riccardi    220 .

                    Niccolini provò a «farle [a Urbano] venir in compassione il
                               r
                povero  S.   Galileo,  hor  mai  tanto  vecchio  e  da  me  amato  e
                venerato».  Urbano  ne  ebbe  pietà  e  concesse  all’imputato  di
                venire a Roma in carrozza, con tutte le comodità; ma presentarsi

                doveva  presentarsi.  Urbano  aggiunse  la  preghiera  papale  che
                Dio potesse perdonare a Galileo «l’errore d’esser entrato in un

                                                                        tà
                intrigo  come  questo,  doppo  che  S.  S.   medesima,  mentr’era
                Cardinale, ne l’haveva liberato»             221 . Dal che sembra che Urbano
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