Page 474 - Galileo. Scienziato e umanista.
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1633, per trascorrere un periodo di quarantena a Siena 224 . La
sua partenza ebbe luogo fra due altri eventi piuttosto gratificanti
per il papa: nel novembre del 1632, l’invincibile campione dei
protestanti, Gustavo Adolfo, la cui alleanza con la Francia
aveva messo Urbano in una posizione diplomatica impossibile,
cadde in battaglia. E nel febbraio del 1633 il popolo romano
ringraziò ufficialmente Urbano per la sua paterna provvidenza e
squisita diligenza nel tenere la peste lontana dalla città 225 .
Galileo arrivò nella residenza romana di Niccolini il 14
febbraio, in buone condizioni di salute e di spirito, e cominciò
immediatamente ad avvicinare i funzionari del Sant’Uffizio. I
Barberini non si aspettavano tanta audacia. Il cardinale nipote
acconsentí che Galileo rimanesse con Niccolini, a condizione
però che interrompesse le proprie visite e smettesse di
socializzare con i funzionari. Da tale relativa gentilezza
Niccolini arguí che le cose potevano non andare poi tanto male,
tà
«ancorché S. S. sentissi cosí male questo negozio». Confinato
nei suoi appartamenti, all’oscuro di tutte le segretissime
deliberazioni del Sant’Uffizio, Galileo non poteva far nulla a
propria difesa. In una situazione cosí insolita ricevette da
Niccolini alcune insolite raccomandazioni: «L’ho avvertito a
mostrar sempre di voler obbedire e sottoporsi a quel che le sarà
ordinato, perché questa è la via da mitigar l’ardenza di chi v’è
riscaldato aspramente e tratta questa causa come propria» 226 .
Alla fine di febbraio Niccolini poté riferire che la questione
principale sembrava essere l’ingiunzione personale che Galileo
aveva ricevuto nel 1616. Questo fu tutto ciò che disse il papa in
un colloquio del 26 di quello stesso mese, aggiungendo soltanto
che la dottrina professata da Galileo era molto cattiva, senza
tuttavia specificare di che male si trattasse. Il cardinale nipote
era meno reticente: la «materia è assai delicata, – disse, –
potendosi introdurre qualche dogma fantastico nel mondo e
particolarmente in Firenze, dov[e] gl’ingegni [sono] assai sottili
e curiosi». Niccolini: forse quella copernicana era la parte piú