Page 478 - Galileo. Scienziato e umanista.
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disobbedito all’ingiunzione del 1616 237 . L’atto finale non ebbe
luogo fino a giugno. Il 19 Urbano, di buon umore, diede a
Niccolini un’indicazione della decisione: il libro sarebbe stato
certamente condannato e Galileo detenuto per qualche tempo in
un convento come quello di Santa Croce a Firenze. Urbano
voleva si sapesse, per scoraggiare altri liberi pensatori, che la
clemenza dimostrata con Galileo non era dovuta né all’uomo né
alle sue condizioni di salute: «[si era] mitigata ogni pena in
mo
grazia del Ser. Granduca nostro Signore, perché per questo
veramente, et non per altro, se le son fatte e se le faranno tutte le
facilità possibili». Durante il processo, a Roma, Urbano aveva
effettivamente concesso a Galileo delle comodità di cui nessun
altro, in simili circostanze, qualunque fosse il suo grado civile o
ecclesiastico, aveva mai goduto 238 .
Il Sant’Uffizio aveva interrogato ufficialmente Galileo
quattro volte tra il 12 aprile e il 21 giugno; una volta era stato
ascoltato irregolarmente dal commissario generale, il
domenicano cui era stato affidato il caso, Vincenzo Maculano,
l’uomo giusto al posto giusto: una combinazione tra un
ingegnere (era uno degli architetti militare preferiti dal papa) e
un inquisitore 239 . Maculano confidava su due accuse: Galileo
non aveva rispettato l’ingiunzione del 1616 e aveva ottenuto
con l’inganno il doppio imprimatur del 1632. Contro la prima
accusa Galileo esibí la lettera che aveva richiesto a Bellarmino
per fermare le voci che volevano che fosse stato costretto ad
abiurare. Senza dubbio il documento prese alla sprovvista
Maculano, disorientandolo, poiché non si limitava a contrastare
le voci contro Galileo, ma affermava che «solo gl’è stata
denunziata la dichiarazione fatta da Nostro Signore e publicata
dalla Sacra Congregazione dell’Indice». Tale dichiarazione
proibiva di difendere o sostenere i moti copernicani.
L’ingiunzione (o precetto) ulteriore dato a Galileo nel
medesimo incontro in cui Bellarmino gli lesse il decreto
dell’Indice era molto piú restrittivo: la lettera di Bellarmino