Page 412 - Galileo. Scienziato e umanista.
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obligate, non solo come figliuole, ma come orfane abbandonate
                che saremmo, se V. S. ci mancassi»; «io […] me le confesso

                obligata per una quasi infinita moltitudine di benefizii ottenuti
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                da lei» . Sentiva di potersi rivolgere a lui per un piccolo dono o
                un qualunque favore: alcune reliquie da Roma, del tessuto per i
                polsini,  della  musica  per  un  organo  difettoso,  la  riparazione

                dell’orologio del convento, sebbene questo fosse un lavoro «piú
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                tosto da legnaiuoli che da filosofi» .


                    2.3. Dialoghi pericolosi.

                    Nonostante  le  prolungate  visite  della  propria  famiglia,

                durante gli anni Venti Galileo fu relativamente in buona salute,
                o insolitamente tranquillo a tal proposito. Si lamentò con Maria

                Celeste per i consueti acciacchi primaverili nel 1627 e nel 1628,

                e  per  brevi  indisposizioni  occasionali,  ma  furono  abbastanza
                contenuti da consentirgli di completare il Discorso del flusso e

                reflusso del mare in breve tempo, dopo che riprese a lavorarvi
                                                                     69
                con  energia  nel  settembre  del  1629 .  Quando  era  in  buona
                forma riusciva a dormire meno di sette ore al giorno. Sfruttando
                questa capacità e testi già pronti, quali la lettera a Ingoli, Galileo

                compose  rapidamente  tre  «giornate»  di  commedia  filosofica
                come prefazione alla quarta giornata, già pronta, contenente il

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                dialogo  sulle  maree .  La  prima  giornata  distrugge  la  fisica
                aristotelica; la seconda gli argomenti contro il moto diurno; e la

                terza gli argomenti contro il moto annuo.
                    Prima  giornata.  La  distruzione  parte  dalla  distinzione

                aristotelica  tra  i  corpi  celesti,  ingenerabili  e  incorruttibili,  che
                nella  loro  perfezione  sferica  ruotano  attorno  al  centro

                dell’universo,  e  gli  elementi  sublunari  e  i  loro  composti,

                eternamente  esposti  alla  probabilità  di  trasformarsi  nei  propri
                opposti.  Salviati  affronta  la  distinzione  come  aveva  fatto

                Aristotele nel De caelo  indagando  per  quale  motivo  il  mondo
                abbia tre dimensioni e soltanto tre. Simplicio risponde che tre è

                completo,  perfetto,  ecc.,  e  che  ci  sono  esattamente  tre  moti
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