Page 402 - Galileo. Scienziato e umanista.
P. 402
37
agli equinozi . Non si può sapere altro delle «ferme e costanti
connessioni necessarie» delle maree, tranne il fatto che le teorie
che invocano forze che agiscono direttamente sull’acqua non
sono che vuote fantasie:
le quali tantum abest che siano o possano esser cause del flusso, che per
l’opposito il flusso è causa di quelle, cioè di farle venire ne i cervelli atti piú
alla loquacità ed ostentazione, che alla specolazione ed investigazione
dell’opere piú segrete di natura; li quali, prima che ridursi a profferir quella
savia ingenua e modesta parola Non lo so, scorrono a lasciarsi uscir di
bocca, ed anco della penna, qual si voglia grande esorbitanza 38 .
Si trattò della piú grande finta della carriera di Galileo.
Una volta resa, in questo modo, la propria teoria delle maree
sufficiente (i moti copernicani sono sufficienti a spiegarle),
necessaria (nessun’altra teoria funzionerebbe) e offensiva,
Galileo poté passare a contrastare le obiezioni al moto della
Terra. Esisteva un facile bersaglio: un saggio composto da
Ingoli come seguito della loro disputa dell’inverno del 1615-16
a Roma. Da allora Ingoli aveva fatto carriera infierendo
continuamente sull’astronomia copernicana: era diventato un
piccolo eroe per aver retto un contrattacco di Keplero, che
respingeva le sue argomentazioni teologiche e nell’Epitome
astronomiae Copernicanae, appena pubblicata, faceva il nome
di Ingoli per le risposte da lui offerte alle obiezioni fisiche e
matematiche da lui proposte. Ingoli rispose conducendo la
campagna che portò alla condanna dell’Epitome da parte della
Congregazione dell’Indice. In questo modo continuava a
prosperare. Quando nel 1624 Galileo decise di attaccarlo,
occupava l’importante posizione di segretario della
Congregazione per la Propaganda della Fede istituita da papa
39
Gregorio XV nel 1622 . Protetto dai Ludovisi, i benefattori dei
gesuiti, Ingoli costituiva un buon bersaglio per un copernicano
che non aveva paura delle conseguenze.