Page 396 - Galileo. Scienziato e umanista.
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Vitelleschi  un  ingresso  privilegiato  nell’Ordine  mentre
                negoziava  per  ottenere  l’imprimatur  per  l’attacco  malevolo  di

                Galileo a quello stesso Ordine. Una lince appartenente ai gesuiti
                era, per decreto linceo, un ossimoro; da qui la frattura interna.

                Dall’esterno, Cesi voleva portare avanti la richiesta del cugino
                per  una  sepoltura  modesta,  se  non  da  gesuita,  e  Urbano

                desiderava erigere un grandioso monumento che promuovesse i

                rari risultati letterari conseguiti dal suo favorito. Cesi si oppose:
                dato che la compagnia delle linci era al vertice delle accademie

                letterarie di Roma, per soggetto e ispirazione, non sarebbe stato
                corretto dare a tutte il medesimo spazio sulla lapide di Cesarini.

                E dato che molte di queste accademie letterarie erano costituite
                da  uomini  della  corte,  «et  è  periculosissimo  invece

                dell’honorato  grado  di  filosofo  cader  nel  luogo  vilissimo  di
                parasito, buffone o almeno adulatore», non era appropriato che

                associassero il proprio nome a una lince, morta o viva che fosse.
                Il principe e il papa raggiunsero un compromesso e seppellirono

                Cesarini in modo solenne ma in un contesto estraneo ai gesuiti
                (la Sala dei Capitani a Palazzo dei Conservatori), sotto una stele

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                marmorea  priva  di  riferimenti  ad  accademie .  Come  spesso
                succede,  il  compromesso  portò  a  una  certa  freddezza  nei

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                rapporti tra le due parti .



                    2. Il cavaliere.



                    2.1. Terza campagna romana.


                    Urbano trattò Galileo come un papa, gli concesse sei udienze

                private,  due  medaglie,  la  promessa  di  una  pensione  per  suo
                figlio Vincenzo e, al momento della partenza, un’accozzaglia di

                doni di diverso valore. Questi includevano: un quadro di natura
                imprecisata,  due  medaglie,  un  sacco  pieno  di  Agnus  Dei

                benedetti da Urbano, una lettera riccamente decorata, scritta da
                Ciampoli, per il granduca Ferdinando II, con lodi per il genio e
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