Page 393 - Galileo. Scienziato e umanista.
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o traduzioni». Buonarroti ne chiese delle copie: «E a Monsignor
                Ciampol  mi  rimette;  |  ma  è  un  torre  a  scorporar  dal  fisco  |  il

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                voler seco venirne alle strette» . Alla corte di Urbano, stando a
                quanto  riferisce  il  poeta  Agostino  Mascardi,  «gli  esercizi  di

                lettere sono […] non pur dicevoli, ma necessari». Non tutta la
                poesia,  ovviamente:  dopo  l’elezione  di  Urbano,  Marino  era

                corso da Parigi a Roma con il suo nuovo Adone in mano; le sue

                tinte troppo terrene non si adattavano però al classicismo devoto
                del nuovo Parnaso, e partí presto per la natia Napoli. L’Adone si

                guadagnò  l’onore  di  un  posto  nell’Indice  e  nell’elenco  dei
                poemi esemplarmente brutti di Urbano. Il papa non voleva un

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                rivale forte come Marino a Roma . La vanità di Urbano quanto
                ai  propri  poemi  lo  espose  a  una  dannosa  manipolazione,  cosí

                come fece anche la sua credenza nell’astrologia.
                    Si  può  avere  un’idea  della  misura  in  cui  i  Barberini

                promossero  le  arti  decorative  dallo  sciame  di  api  dipinte  e
                scolpite che si trovano a Roma: oltre 10 000, in base a una stima

                recente;  e  da  capolavori  quali  il  baldacchino  sopra  l’altare
                maggiore  di  San  Pietro,  a  opera  di  Bernini,  e  quell’immenso

                monumento al nepotismo che è Palazzo Barberini, ora Galleria
                Nazionale  di  Arte  Antica.  La  principale  sala  pubblica  del

                palazzo  vanta  un  immenso  soffitto  affrescato  che  ritrae  la

                Divina Provvidenza nell’atto di sistemare le api, le chiavi e la
                tiara di Urbano (tav. 19). Il soffitto venne completato nel 1638,

                dopo sei anni di lavoro: il papa lo considerò pari alle stanze di
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                Raffaello in Vaticano .
                    Alle notevoli spese del tempo di pace Urbano dovette presto
                aggiungere anche quelle dolorose della guerra: rafforzò Castel

                Sant’Angelo e costruí (o ricostruí) i fortini di frontiera. Questi
                avevano  piú  la  funzione  di  allestimenti  per  le  ruberie  che  di

                roccaforti  per  la  difesa.  A  causa  del  suo  continuo  bisogno  di
                denaro, infatti, Urbano non disdegnava derubare i propri vicini.

                Il  primo  a  soffrirne  fu  il  granduca  di  Toscana  –  non  Cosimo,
                purtroppo,  che  era  morto  nel  1621,  ma  a  tutti  gli  effetti  sua
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