Page 365 - Galileo. Scienziato e umanista.
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proprio maestro, dato che soffriva di mal di mare. Nel 1617
l’interesse degli spagnoli scemò e Galileo conservò il primato di
non essersi mai avventurato al di là dei confini dell’Italia
settentrionale 140 . Peccato: un periodo in Spagna gli avrebbe
evitato guai seri.
All’arrivo della lezione di Grassi, Galileo si stava dedicando
saltuariamente a mettere ordine nei propri appunti sul moto
insieme a Guiducci, che stava cercando un argomento per le
lezioni che avrebbe dovuto tenere come console dell’Accademia
Fiorentina. Molte persone gli richiedevano un parere sulla
cometa, e alcune di queste, come l’arciduca Leopoldo V
d’Asburgo, non potevano essere ignorate. Eureka! L’arciduca
avrebbe avuto la sua risposta, Guiducci il suo argomento e
Galileo un travaso di bile nera se avesse scritto una lezione sulle
comete da far tenere e pubblicare da Guiducci 141 . Come Viviani
arrivò quasi a dire, questo sconsiderato Discorso delle comete
«diede […] occasione a tutte le controversie che nacquero in tal
proposito, e di piú a tutte le male sodisfazioni che il Sig. r
Galileo da quell’ora sino alli ultimi giorni con eterna
persecuzione ricevé in ogni sua azione e discorso». Aveva
ragione, ma applicava il giudizio in modo sbagliato: Viviani
attribuí l’attacco alla risposta di Grassi e non, come invece si
trattava, alla provocazione di Galileo 142 .
«Guiducci» aprí la campagna rimediando all’omissione, da
parte di Grassi, del nome di quel «nobile e sublime ingegno che
[…] ha non meno il presente secolo che questa sua patria
illustrato». Questo anonimo ornamento dovette subire
persecuzioni e ruberie da parte di ignoranti tronfi, che si sono
gonfiati con idee che non comprendevano, «finge[ndo]si Apelli,
quando co’ mal coloriti e peggio lineati disegni loro hanno dato
a divedere che e’ non pareggiano nella pittura né anche i maestri
di mezzano valore». Come il suo confratello gesuita Scheiner,
Grassi era un falso Apelle: la sua prestazione «sospetta», le sue
argomentazioni deboli, la sua ottica «di niun valore». I