Page 349 - Galileo. Scienziato e umanista.
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a  competere  l’uno  con  l’altro.  Come  la  critica  letteraria  di
                Galileo, le poesie di Barberini erano frutto delle ore di tempo

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                libero  del  cardinale .  E  come  le  poesie  di  Galileo,  neanche
                quelle  di  Barberini  risultano  piacevoli  al  gusto  di  oggi:  «i

                Poemata barberiniani sono […] desolatamente vuoti di afflato
                poetico.  Sono  filze  di  luoghi  comuni  di  una  banalità

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                insopportabile banalità» . Buoni o cattivi che fossero – e molti
                contemporanei  esigenti  vi  scovarono  delle  perle  –  vennero
                inesorabilmente  lodati  una  volta  che  Barberini  divenne  papa.

                Come il valore dei primi e oscuri lavori dei vincitori del premio
                Nobel        per      la      letteratura       subisce        retrospettivamente

                un’impennata  improvvisa,  cosí  le  poesie  di  Barberini  vennero
                immediatamente ristampate dopo la sua salita al soglio di Pietro,

                e conobbero una dozzina o forse piú edizioni riviste e ampliate
                durante  la  vita  del  pontefice;  alcune  furono  anche  messe  in

                musica. I riconoscimenti che ne seguirono – «un nuovo Davide
                […] un altro Apollo» – contribuirono a gonfiare ulteriormente

                una vanità che già superava quella di Galileo                 100 .
                    Fra gli esigenti ammiratori di Barberini c’erano anche molte

                linci. Sebbene non appartenesse al gruppo di Cesi, il futuro papa
                era  sufficientemente  vicino  a  loro  per  essere  considerato,  con

                una piccola licenza poetica, come un sostenitore e un compagno

                di viaggio. Intorno al 1618 egli sviluppò un importante legame
                con due giovani linci letterarie: Ciampoli, protégé di Strozzi, e

                Virginio Cesarini, cugino di Cesi, entrambi i quali stavano per
                dare  avvio  a  spettacolari  carriere  all’interno  delle  gerarchie

                vaticane e si erano occupati di Galileo (tavv. 9 e 17)                      101 . Dopo
                un anno passato a Padova su consiglio di Galileo, Ciampoli si

                era liberato della libertas patavina per passare un po’ di tempo
                con Barberini; poi, nel 1611, legato a Bologna, con il bibliofilo

                cardinal  Federico  Borromeo,  ancora  arcivescovo  di  Milano.
                Borromeo e Barberini rappresentavano due approcci differenti

                ma  complementari  al  rinnovamento  della  Chiesa:  il  primo,
                veterotestamentario  e  disciplinare;  il  secondo,  edificante  e
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