Page 338 - Galileo. Scienziato e umanista.
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decisero che quella di Copernico era una teoria erronea e forse
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                anche eretica .
                    Gli undici teologi selezionati dal Sant’Uffizio per valutare la
                teoria copernicana consegnarono il loro unanime verdetto il 24

                febbraio  1616,  dopo  cinque  giorni  di  camera  di  consiglio.
                Giudicarono l’asserzione che «il Sole è il centro del mondo e

                del  tutto  privo  di  moto  locale»  essere  «formalmente  eretica,

                poiché  contraddice  chiaramente  in  molti  luoghi  il  senso  delle
                Sacre Scritture, in base al significato letterale delle parole e in

                base alla comune interpretazione e comprensione dei Santi Padri
                e dei dottori in teologia». La proposizione relativa al moto della

                Terra si qualificava per la censura meno netta di essere «almeno
                erronea  nella  fede».  Inoltre,  entrambe  le  proposizioni,  allo

                stesso modo, non si conformano al sistema del mondo su cui i
                teologi avevano soggiogato la propria dottrina: sono «fals[e] ed

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                assurd[e]  in  filosofia» .  Non  c’era  spazio,  in  questo
                formidabile incontro fra discipline, per una salutare opposizione

                fra scienza e fede. I consultori non avevano ragione di prendere
                in  considerazione  l’argomentazione  tesa  a  conciliare  le  due

                posizioni: a loro modo di vedere, le scoperte della filosofia si
                accordavano            perfettamente            ai      risultati        dell’esegesi

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                tradizionale .
                    I  cardinali  del  Sant’Uffizio  si  trovarono  d’accordo  con  i
                propri consultori nel decretare il copernicanesimo contrario alle

                Scritture, ma non fecero alcun cenno alla sua eventuale eresia. Il
                papa  ordinò  quindi  a  Bellarmino  di  ammonire  Galileo  ad

                abbandonare le proprie opinioni; e se non avesse acconsentito a
                questo  amichevole  ammonimento,  Bellarmino  avrebbe  dovuto

                emettere un «precetto» formale o ingiunzione contro di lui «ad
                astenersi  completamente  dall’insegnare  o  dal  difendere  questa

                dottrina  e  opinione,  o  dal  discuterla».  Se  non  avesse
                accondisceso  all’ingiunzione,  sarebbe  andato  in  prigione.  Il

                giorno  seguente,  26  febbraio  1616,  Galileo  comparí  davanti  a
                Bellarmino  e  a  Seghizzi.  La  minuta  che  descrive  il  colloquio
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