Page 323 - Galileo. Scienziato e umanista.
P. 323

rivelare le proprie fonti, Caccini rispose che il copernicanesimo
                di  Galileo  era  ben  noto  a  Firenze  e  che  se  ne  sarebbe  potuta

                trovare  traccia  nel  suo  libro  sulle  macchie  solari,  e  che
                quell’Attavanti (Caccini non fu in grado di fare altri nomi) era

                uno dei seguaci, fuorviato da Galileo stesso. Quanto alla lettera
                a Castelli, Caccini dichiarò spontaneamente di averne visto una

                copia  in  possesso  di  Lorini,  dal  quale  aveva  saputo  della
                                                                                      26
                corrispondenza, ancora attiva, di Galileo con Sarpi . Lorini non
                aveva trascurato di informare le autorità romane della lettera a

                Castelli:  all’inizio  di  febbraio  ne  inviò  una  copia  al  prefetto
                domenicano della Congregazione dell’Indice, il cardinale Paolo

                Camillo  Sfrondati,  perché  lo  consegnasse  all’Inquisizione.  Fu
                solo per fare il proprio dovere, disse, per essere un buon segugio

                del Sant’Uffizio. Tutti i suoi confratelli a Santa Maria Novella
                che  avevano  letto  la  lettera  furono  d’accordo  che  contenesse

                molte  proposizioni  temerarie  e  sospette,  vale  a  dire:  le  Sacre
                Scritture  a  volte  non  usano  un  linguaggio  appropriato;  le

                Scritture  occupano  l’ultimo  posto  nelle  dispute  sui  fenomeni
                naturali; gli esegeti della Bibbia spesso si sbagliano; le Scritture

                riguardano la fede, nulla di piú; e «nelle cose naturali habbia piú
                forza  l’argumento  filosofico  o  astronomico  che  il  sacro  et  il

                divino». Imperdonabilmente, come molti protestanti, i Galileisti

                vogliono interpretare le Scritture a modo loro: «favella[no] poco
                onorevolmente de’ Santi Padri antichi e di S. Tommaso, e […]

                calpesta[no]  tutta  la  filosofia  d’Aristotile  (della  quale  tanto  si
                serve  la  teologia  scolastica».  Tutto  vero:  gli  errori  e  la

                presunzione  dei  Galileisti  erano  cosí  evidenti  che  Lorini  non
                sentí il bisogno di aggiungere altro. «[A] Roma […] come disse
                                                                                    27
                S. Bernardo, la Santa Fede linceos oculos habet» .


                    1.2. Vita di un cavaliere errante a Roma.

                    Il Sant’Uffizio inviò la versione di Lorini della Lettera a D.

                Benedetto  Castelli  a  un  consultore,  che  non  rilevò  nulla  che

                «devia[sse] dai sentieri del dettato cattolico». Tranne tre brevi
   318   319   320   321   322   323   324   325   326   327   328