Page 322 - Galileo. Scienziato e umanista.
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Lorini; e Matteo investí Tommaso con termini che si possono
usare soltanto tra fratelli: fingi religiosità e zelo per coprire il
tuo risentimento, Tommaso. O l’attacco è stato una tua idea?
«Ma che leggierezza è stata la vostra, lasciarsi mettere su da
piccione, o da coglione, o da certi colombi!», hai rovinato la tua
reputazione. «[H]avete fatto un grandissimo errore et una
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grandissima scioccheria et leggierezza» . Matteo raddoppiò i
propri sforzi per allontanare Tommaso da Firenze. Ma non
avrebbe dovuto preoccuparsene piú di tanto: un mese esatto
dopo la predica malevola tenuta a Santa Maria Novella contro i
matematici e i «Galileisti», Tommaso Caccini si presentò a
Roma per testimoniare davanti a un altro domenicano,
Michelangelo Seghizzi, il commissario generale della
Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione.
Ecco la sua deposizione: «con quella modestia che conviene
all’offitio che tenev[a]», Caccini aveva predicato alla folla che
la concezione copernicana era «dalla Fede Cattolica dissonante»
e, a tutti gli effetti, eretica, poiché si scontrava con l’opinione di
tutti i teologi scolastici e di tutti i Santi Padri. «Dopo il qual
discorso avvertii che non era lecito a nessuno l’interpetrare le
divine Scritture contro quel senso nel quale tutti i Santi Padri
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concorrono» . Alla domanda di Seghizzi circa la reputazione di
Galileo quanto a questioni di fede, Caccini rispose: «Da molti è
tenuto buon Cattolico; da altri è tenuto per sospetto nelle cose
della Fede, perché dicono sii molto intimo di quel Fra Paolo
Servita, tanto famoso in Venetia per le sue impietà, et dicono
che anco di presente passino lettere tra di loro». Galileo
intratteneva rapporti epistolari anche con persone in Germania,
cosí come facevano altri membri di un’Accademia di cui lui fa
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parte – ulteriore indicazione, questa, della sua inaffidabilità .
Ma Caccini sapeva di piú, e di peggio. La lettera di Galileo a
Castelli conteneva «non buona dottrina in materia di theologia».
Alcuni Galileisti ritenevano che Dio fosse un accidente e che i
santi non avevano compiuto miracoli. Spinto da Seghizzi a