Page 321 - Galileo. Scienziato e umanista.
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l’aiuto dei Salviati e di Maffeo Barberini, Matteo riuscí ad
allontanare il rumoroso fratello dalla città per qualche tempo.
Aizzato, probabilmente, da Raffaello Delle Colombe, e in ogni
caso incontenibile, Tommaso ritornò in città nel 1614 per tenere
dal pulpito di Santa Maria Novella la predica della quarta
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domenica di Avvento .
Avendo deciso da solo che le proposizioni relative a una
Terra in movimento e a un Sole statico erano eretiche, Caccini
raccolse quanti piú elementi possibili, compresa la Lettera a D.
Benedetto Castelli, a sostegno del fatto che Galileo e i suoi
discepoli le credevano vere, oltre a molte altre cose peggiori. La
sua metodologia di ricerca contemplava la pratica di origliare:
un giorno gli capitò per caso di ascoltare una conversazione
privata tra uno studente di Galileo, un giovane fiorentino di
nome Giannozzo Attavanti, e un maestro domenicano,
Ferdinando Ximenes, che insegnava ad Attavanti l’arte di
cavillare. Stavano discutendo, in modo ipotetico, se Dio sia
sostanza o accidente, e se Lui abbia organi di senso ed emozioni
umani. In ascolto dietro la serratura, Caccini sentí abbastanza
per concludere che Attavanti credeva davvero all’opinione che
stava difendendo ipoteticamente (quella di un Dio accidentale,
dotato di organi di senso ed emozioni), e che l’aveva imparata
da Galileo. In una precedente occasione, Caccini aveva sentito
Attavanti e Ximenes discutere della teoria copernicana: era
quindi entrato all’improvviso nella cella di Ximenes e aveva
dichiarato «che era una propositione heretica a dire che il sole
stasse fermo et non si movesse». Disse anche che aveva
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intenzione di predicare la cosa dal pulpito . Prese quindi il
libro di Giosuè come testo di riferimento per le sue prediche del
periodo dell’Avvento. Quando arrivò a Giosuè 10,12 ringhiò
contro i copernicani per aver promosso una teoria in flagrante
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contraddizione con le Sacre Scritture .
Il virulento sermone di Caccini fece scandalo. Il generale dei
domenicani scrisse a Galileo per scusarsi, e lo stesso fece