Page 320 - Galileo. Scienziato e umanista.
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opposizione a novità di ogni sorta e a quell’eccessiva curiosità
                che  le  generava:  «una  pericolosissima  espressione  della

                superbia  umana».  Fra  gli  esempi  ricordati  erano  le  vecchie
                lezioni  di  Galileo  su  Dante,  che  ancora  venivano  di  tanto  in

                tanto discusse all’Accademia Fiorentina. Neppure l’inferno era
                                                                                16
                al riparo dalla curiosità malata dei matematici .
                    Davvero  malata.  Le  speculazioni  dei  matematici  sono  una

                sorta  di  ubriachezza,  che  impedisce  loro  di  «vedere»  e  di
                comprendere  le  cose  piú  «facili»  e  «vicine»:  «Qual  cosa  piú

                sensata  che  il  veder  che  Deus  firmavit  orbem  terrae  qui  non
                commovebitur, e con tutto ciò i Copernici dicono che la terra si

                muove […] Cosí se chi bee il vino della scienza del mondo, se
                non  vi  mette  dell’acqua  di  cui  è  scritto,  Aqua  sapientiae

                                                                                                      17
                salutaris  potabit  illum,  darà  nel  delirio  e  farà  di  pazzie» .
                Conosceva nessuno, a Firenze, un astronomo ubriaco, delirante

                e  pazzo?  Raffaello  diede  lui  stesso  la  risposta:  il  matto  in
                questione sosteneva di vedere delle macchie nel Sole. «D’uno

                che cerchi difetto, dove non è non dicevano gli antichi Querit
                maculam in Sole? Il Sole è senza macchia, e la madre del Sole

                                                                   18
                (la Vergine Maria] è senza macchia» .
                    L’informale  lega  del  piccione  godeva  dell’appoggio

                importante  dell’arcivescovo  di  Firenze,  Alessandro  Marzi

                Medici,  di  don  Giovanni  de’  Medici  e,  probabilmente,  della
                granduchessa  Cristina.  L’arcivescovo  e  la  granduchessa

                cospiravano  anche  in  un  piú  ampio  progetto  per  rafforzare
                l’influenza  del  clero  sul  granducato  erodendo  il  potere  dei

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                funzionari  patrizi  come  Vinta .  Fra  i  clerici  favorivano  i
                domenicani  Niccolò  Lorini,  una  figura  familiare  a  corte,  e

                Tommaso  Caccini,  un  predicatore  ambizioso  che,  nonostante
                avesse solo 35 anni, era un segugio di Dio (Domini canis) già da

                quasi vent’anni (tav. 18). Questi affrontò Galileo nel 1611, forse
                su suggerimento del suo sostenitore, l’arcivescovo. L’abbaiare

                di  Tommaso  infastidí  suo  fratello  Matteo,  capo  del  casato
                Caccini  di  Firenze,  piú  di  quanto  non  fece  con  Galileo.  Con
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