Page 278 - Galileo. Scienziato e umanista.
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sull’acqua. Al contrario, risposero i filosofi: il ghiaccio, essendo
                solido, è chiaramente piú denso dell’acqua; un pezzo di ghiaccio

                galleggia perché la sua superficie, ampia e piatta, gli impedisce
                di fendere l’acqua. Assurdo di nuovo, disse la lince: l’acqua non

                offre alcuna resistenza alla separazione delle proprie parti, come
                risulta  evidente  dal  fatto  che  un  pezzo  di  ghiaccio  sommerso

                riemerge, se lasciato andare, mentre le piú piccole particelle di

                fango raggiungono il fondo di un pozzo, anche se lentamente.
                L’acqua  si  oppone  al  movimento  ma  non  alla  separazione:  il

                fatto  che  un  corpo  affondi  oppure  galleggi  dipende  solamente
                dalla sua gravità specifica.

                    Qualche giorno piú tardi Galileo venne a sapere che il suo
                infaticabile  critico,  Ludovico  Delle  Colombe,  sosteneva  di

                essere in grado di mostrare che un corpo che affonda quando ha
                una  forma  sferoidale  galleggia  se  ha  invece  la  forma  di  una

                lamina. Come esempio, offrí quello dell’ebano. Galileo dichiarò
                che  la  dimostrazione  non  era  corretta:  aveva  in  mente  i  corpi

                bagnati dall’acqua; un pezzo di ebano, qualunque forma abbia,
                una  volta  sommerso  rimane  sommerso.  I  suoi  avversari

                respinsero la condizione: essi avevano mostrato un caso chiaro
                in  cui  la  forma  determinava  o  meno  il  galleggiamento.  I  due

                partiti contrapposti disputarono sull’ammissibilità dell’evidenza

                empirica proposta da Delle Colombe con la tenacità di avvocati
                nelle cause da loro patrocinate. Una resa dei conti programmata

                in  casa  di  Salviati  dovette  essere  cancellata  quando  Cosimo
                informò  Galileo  che,  in  quanto  elemento  ornamentale  della

                corte, lui non era libero di brillare in discussioni pubbliche con
                professori rumorosi. Sarebbe stato meglio, suggerí il granduca

                al  proprio  ex  precettore,  mettere  per  iscritto  le  sue
                argomentazioni e confrontarsi sulla carta                 158 . Questo consentí a

                Galileo  di  mutare  una  probabile  sconfitta  in  una  vittoria
                qualificata.

                    Una competizione con la penna, scrisse Galileo a Cosimo, gli
                darebbe  un  grande  vantaggio:  anche  l’avversario  avrebbe
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