Page 276 - Galileo. Scienziato e umanista.
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Galileo diede molta importanza alla propria appartenenza
all’accademia di Cesi: si identificava con la lince nei frontespizi
dei propri libri e faceva riferimento a sé stesso, nei dialoghi, con
il titolo «l’accademico». Per quale motivo? Senza dubbio
pensava che il giovane aristocratico, cosí pieno di energie e
dotato di eccellenti conoscenze ecclesiastiche, lo avrebbe
aiutato a conservare l’interesse e il sostegno che si era
conquistato a Roma. Inoltre, l’idea di Cesi di una banda di
studiosi che perseguivano una libera ricerca sotto l’occhio
benevolo di un principe risultava particolarmente gradita a
Galileo, sensibile all’aspetto romantico ma anche pratico della
cosa. Nel 1611 Cesi aveva ormai abbandonato, vista l’età, il
proprio romanticismo adolescenziale, ma aveva conservato
l’idea di una banda di servitori scelti; essi dovevano lealtà al
proprio principe, e dunque non potevano entrare a far parte di
un Ordine religioso; per il resto erano liberi – o, piuttosto,
obbligati – a pensare come meglio pareva a loro 153 . A Galileo
piaceva l’idea di essere l’Orlando o il Ruggiero di un gruppo del
genere, di cui presto sarebbero entrati a far parte anche Valerio
e Welser, e la novità del fatto di avere l’appoggio intellettuale di
un principe. Con questo incoraggiamento poteva arrischiarsi ad
accettare la vecchia sfida di Keplero di dichiararsi apertamente
e vigorosamente in favore di Copernico 154 .
Le vacanze romane erano state un grande trionfo. Come
scrisse il cardinal Del Monte al granduca Cosimo, se fosse stata
l’antica Roma, i padri della città avrebbero eretto una statua in
onore di Galileo in Campidoglio. Qualcosa di potenzialmente
piú utile era però stato creato nel Collegio Romano: poco dopo
il suo ritorno a Firenze, Galileo ricevette una lettera molto
amichevole da Grienberger, con la quale gli venivano inviati, a
Firenze, i calorosi saluti di tutti i matematici della Compagnia di
Gesú di Roma 155 .