Page 261 - Galileo. Scienziato e umanista.
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angolari rispetto a Giove e dagli intervalli tra i loro occultamenti
dietro il corpo del pianeta. Chiunque conoscesse le difficoltà
dell’impresa la accolse come un trionfo: in effetti, la precisione
di tali determinazioni, che non supera i cinque minuti, stupisce
gli studiosi moderni come stupí i contemporanei di Galileo. La
combinazione di ostinazione e destrezza, di intuizione e di
rigore geometrico, di acutezza di mente e di occhio che Galileo
dimostrò superò quella di tutti gli osservatori del suo tempo 104 .
Che cosa fece sí che perseverasse in un compito che Keplero
aveva dichiarato essere virtualmente irrealizzabile? «Io […]
confido in Dio benedetto, che sí come mi ha fatto grazia di
essere stato solo a scoprire tante nuove meraviglie della Sua
mano, cosí sia per concedermi che io habbia a ritrovar l’ordine
assoluto de i suoi rivolgimenti» 105 . Forse però la
preoccupazione che il Diavolo potesse aiutare Magini, che si
opponeva a Copernico e amava fare calcoli, rafforzò la sua
determinazione 106 .
Quando non fu piú possibile osservare le lune, nell’estate del
1610, Galileo si mise alla ricerca attenta di altri segreti che Dio
avrebbe potuto aver serbato per lui. Puntò quindi il cannocchiale
verso Saturno, malinconico come lui. Ed ecco un’altra
meraviglia! Il suo vecchio amico non presentava piú la forma
circolare che esibiva un tempo, ma era composto da tre corpi:
«Hor ecco trovata la corte a Giove, et due servi a questo
vecchio, che l’aiutano a camminare né mai se gli staccano dal
fianco». La notizia era troppo sensazionale per nasconderla, e
troppo utile per rivelarla. Galileo decise pertanto di annunciarne
la scoperta come fosse un profeta che parlava un’altra lingua:
«smaismrmilmepoetale», egli disse, «umibunenugttauiras».
Inviò queste notizie a Praga, accompagnate dal suggerimento
che nascondevano un messaggio celeste. Keplero ci impazzí:
nemmeno lui fu in grado di decrittare in altissimum planetam
tergeminum observavi 107 . Né ci riuscí Harriot, che provò a