Page 257 - Galileo. Scienziato e umanista.
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Galileo, per motivi che «non occorre che io particolarmente […]
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                narri alla sua prudenza» .
                    C’era  poi,  insieme  alla  nostalgia,  all’ambizione  e  ai  pii
                desideri di Galileo, l’idea un po’ donchisciottesca di mettersi al

                servizio  di  Cosimo.  Era  stato  ai  margini  della  corte  sin  da
                quando  era  ragazzo,  grazie  ai  musicisti  amici  del  padre,  gli

                scaltri letterati della cerchia di Ricasoli, il matematico di corte

                Ricci  e,  ultimamente,  la  persona  cui  dava  lezioni  durante
                l’estate,  l’erede  del  granduca.  Galileo  era  stato  molto  colpito

                dalla magnificenza dei Medici in azione, dalla loro capacità di
                mobilitare le proprie ricchezze per organizzare matrimoni o per

                scendere in guerra, e dal loro favoritismo antidemocratico verso
                coloro che ne ritenevano degni. Un corrispondente aveva colto

                esattamente il punto: «so anco che la divotione, che verso il suo
                                                                                                      90
                Prencipe  tiene,  era  atta  a  farle  abandonar  cosa  maggiore» .
                Sebbene Cosimo non fosse Carlo Magno, Galileo sarebbe stato
                il  suo  Orlando:  e  come  un  solo  grande  campione  del  passato

                poté  combattere  contro  le  avversità,  cosí  Galileo,  sicuro  del
                supporto del proprio principe, avrebbe sbaragliato i nemici che

                gli  si  opponevano.  O,  per  usare  un’altra  metafora:  la  corte
                fiorentina sarebbe diventata il punto di appoggio archimedeo, e

                il  telescopio  la  leva,  dal  quale  e  grazie  alla  quale  Galileo

                avrebbe  smosso  il  sistema  aristotelico,  rovesciandolo  nel
                cumulo di rifiuti della storia.

                    A un livello inferiore di novità, sebbene non forse di priorità,
                trasferirsi a Firenze significava separarsi da Marina. Non c’era

                spazio per lei presso la corte toscana, dal punto di vista fisico ed
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                emotivo – né tantomeno per i loro figli :  Vincenzo,  che  non
                aveva  ancora  cinque  anni,  sarebbe  rimasto  a  Padova  con
                Marina;  Livia  sarebbe  andata  con  Galileo  a  Firenze,  per

                ricongiungersi con Virginia. Una delle prime preoccupazioni di
                Galileo fu quella di trovare un buon convento dove le bambine

                potessero  ricevere  un’istruzione  su  tutto  ciò  di  cui  avevano
                bisogno. Aveva già preso accordi per sistemare Virginia in un
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