Page 143 - Galileo. Scienziato e umanista.
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Non dalle stelle, m’è conteso ’l vero.
Il pover’uomo finisce per amare la propria miseria, secondo
un tropo ricorrente:
Bramo i tormenti miei,
Mentre ch’in fronte alla mia Donna leggo
Che, dal mio strazio vaga,
Null’altro piú che ’l mio martir l’appaga 90 .
I sonetti, non datati, cui si accennava prima echeggiano i
medesimi temi. Eccone due:
Mentre spiegava al secolo vetusto
Segni del furor suo crudeli ed empi,
Tra gl’incendi e le stragi e i duri scempi,
Seco dicea l’Imperatore ingiusto:
«Il regno mio d’alte ruine onusto
Le gran moli destrutte e gli arsi tempi,
Portin la mia grandezza in fieri esempi
Dall’agghiacciato polo allido adusto».
Tal quest’altera, che sua mente cruda
Cinge d’impenetrabile diaspro,
E nel mio pianto accresce sua durezza,
Armata di furor, di pietà ignuda,
Spesso mi dice in suon crudele ed aspro:
«Splenda nel fuoco tuo la mia bellezza».
[…]
Mentre ridea nel tremulo e vivace
Lume degli occhi leggiadretti Amore,
Picciola in noi movea dallo splendore
Fiamma, qual uscir suol di lenta face:
Or che il pianto l’ingombra, di verace
Foco sent’io venir l’incendio al core.