Page 137 - Galileo. Scienziato e umanista.
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convinse Clemente a rifiutargliela. Il consiglio era buono, nella
                misura in cui dopo il Concilio di Trento un vescovo aveva altro

                da fare oltre che coltivare i propri studi e disseminare il dubbio;
                ma fu anche un cattivo consiglio, perché portò a compimento la

                trasformazione  di  Sarpi  in  un  nemico  di  Roma  –  un  nemico
                                                                                           67
                caratterizzato da un’intensità e una pertinacia luterana . Mentre
                aspettava l’occasione buona, assumeva quotidianamente dosi di

                quella che chiamava «medicina morale», o ipocrisia applicata.
                Come  scienza  politica,  la  medicina  morale  insegnava  che  la

                religione  sta  al  corpo  della  politica  come  la  medicina  sta  al
                corpo  umano:  come  il  bravo  medico  a  volte  inganna  i  propri

                pazienti per ripristinarne la salute, cosí l’uomo di Stato e il prete
                raccontano  storie  incredibili,  quali  la  dannazione  eterna,  per

                garantire la pace nella società. Come epistemologia, la medicina
                morale insegnava che tutta la conoscenza è relativa: preferisci

                l’utile  al  piacevole;  per  qualunque  argomentazione  esiste
                un’obiezione;  rispetta  le  idee  insensate  degli  altri,  perché

                potresti arrivare a crederci anche tu. Come guida per la vita, la
                medicina morale raccomandava il travestimento: «una maschera

                sono costretto a portare, – diceva Sarpi, – per quanto nessuno
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                possa  farne  a  meno,  se  vive  in  Italia» .  Dietro  alla  propria
                maschera,  stando  al  suo  alter  ego  Micanzio,  Sarpi  era  un

                insieme del meglio della filosofia greca: epicurea, stoica, cinica
                e  socratica.  «La  malattia  dell’umanità»í,  –  piaceva  dire  a  fra
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                Paolo, – è la simulazione della conoscenza» .
                    Il piú caro amico veneziano di Galileo, anche lui membro del

                gruppo di Morosini, fu il nobile immortalato come l’ospite dalla
                mente indipendente nel piú importante dei dialoghi di Galileo.

                Si trattava di Gianfrancesco Sagredo, piú giovane di Galileo di
                sette  anni,  uomo  irriverente  e  insaziabilmente  curioso,  che

                studiò con Galileo negli anni 1597-98 (tav. 11). I due divennero
                                  70
                quasi fratelli . Un autoritratto, tracciato da Sagredo nel 1614,
                delinea alcune delle qualità che Galileo ammirava in lui, e forse
                invidiava:
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